Monsignor Pante il vescovo impegnato nella riconciliazione
FALCADE. Monsignor Virgilio Pante è un fiume in piena. Se ne avesse avuta la possibilità sarebbe arrivato a Caviola di Falcade a bordo della sua amata motocicletta. Ed invece la moto è rimasta in Kenya, dove dal 2001 è vescovo di Maralal, impegnato nella riconciliazione tra le tribù locali costantemente in conflitto tra loro. «Riconciliazione è il mio motto e ho scelto un’immagine per rappresentare questo: quella del leone che adotta una gazzella, fatto successo davvero in un parco nazionale situato nelle vicinanze di Maralal». Immagine, quella del leone e la gazzella, che monsignor Pante mostra a tutti sfogliando un libricino tirato fuori da una grande borsa.
«Per riavvicinare tribù storicamente in guerra tra loro ho fondato una serie di scuole-convitto nelle quali i ragazzi delle varie tribù studiano e dormono insieme. Per avvicinare le tribù nemiche abbiamo creato anche un mercato comune dove tutti si recano in pace».
Da quindici anni vescovo in Kenya, Virgilio Pante non ha mai dimenticato le sue origini bellunesi: «Ogni anno, a settembre, mi prendo le ferie per tornare a Lamon, il mio paese natale. È così da quindici anni».
Monsignor Pante allarga gli orizzonti affrontando il tema attualissimo dell’emigrazione: «Bisogna distinguere i diversi tipi di emigrazione perché ci sono coloro che sono costretti a scappare dalla guerra come capita purtroppo ai miei amici africani e quelli che, invece, scelgono un altro paese in cerca di un lavoro. Sul fronte dell’emigrazione in Italia manca una regìa e soprattutto un piano operativo delineato, si vive nel caos improvvisando alla giornata e questo non è un bene. I risultati sono disastrosi e la cosa peggiore è che ad oggi è impossibile poter tornare indietro. A livello personale non invidio l’Italia per la situazione che sta vivendo».
Monsignor Pante affronta anche la recente polemica che proprio nel bellunese ha visto confrontarsi chiesa e sindaci sul tema dell’emigrazione: «Sono i due estremi che si ritrovano uno di fronte all’altro, ma non dobbiamo parlare di razzismo. Rientra tutto nel clima caotico dovuto alla mancanza di regole, è una conseguenza di questo». (dierre)
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