Morì all’ospedale San Martino di Belluno: primario coinvolge il medico
BELLUNO. Il primario inguaia la dottoressa. Nel processo all’infermiere del Pronto soccorso dell’ospedale San Martino, Matteo Marin per la morte di Ferdinando Casanova, il responsabile del reparto di emergenza Giovanni Gouigoux ha sottolineato che «l’uomo non era stabile e il suo ricovero nell’Osservazione breve intensiva (Obi) non era indicato. Fra l’altro, quando il paziente si trova su un letto di questa sezione, è impossibile che si alzi. È attaccato con gli elettrodi alla telemetria e ci sono dei monitor, che sorvegliano l’attività cardiaca. Non doveva essere portato in bagno».
Marin risponde dell’ipotesi di reato di omicidio colposo perché, secondo la tesi della Procura della Repubblica, era stato incaricato di un monitoraggio costante e l’ha inspiegabilmente interrotto poco prima della morte per arresto cardio circolatorio del 75enne di Limana. La dottoressa di servizio in quel momento era Rosachiara Bruni. È a lei che l’ausiliario Silvano Bianchet aveva detto che «a Casanova era tornato il dolore toracico, mentre stavamo tornando nell’Obi dalla Radiologia con la carrozzina. Il tempo di andare in laboratorio con delle provette e di tornare, saranno passati due minuti, e ho sentito Marin che gridava “aiutatemi, aiutatemi”. Sono arrivati anche gli altri infermieri presenti De Carli e De Bortoli e li ho visti nel corridoio appena fuori dal bagno che praticavano il messaggio cardiaco a Casanova, con Matteo Marin. Non mi sono accorto della presenza del defibrillatore».
La Procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dal gip per le posizioni di tutti i medici indagati per essersi occupati dell’uomo, ma queste due deposizioni sui fatti accaduti nella notte fra il 6 e il 7 settembre di due anni fa potrebbero far riaprire il fascicolo. L’avvocato della famiglia Casanova, Martino Fogliato ha lasciato il tribunale con questa netta sensazione.
Dopo i due precedenti accessi in codice giallo, tra il 27 e il 31 agosto, il 6 settembre all’accettazione del Pronto soccorso c’era l’infermiere Enrico De Carli. Erano le 22.30: «Casanova soffriva di un dolore toracico e in codice giallo l’ho portato in sala urgenze, dove lavorava il mio collega Stefano De Bortoli. In un secondo momento, è stato collocato in Obi. Ho sentito urlare “codice rosso” e mi sono precipitato. Non aveva polso, non respirava e il paziente è stato portato in sala urgenze, dove appena possibile è stato usato il defibrillatore».
Era mezzanotte e 50, quando Ferdinando Casanova è stato trovato in bagno privo di sensi. All’1.06 è stato acceso il defibrillatore e, dieci minuti dopo, è stato spento. Il paziente muore e la famiglia presenta un esposto.
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