Morì boscaiolo: processo rinviato a novembre
Sedico. L’anziana madre di Fanfoni si dispera per i lunghi mesi che dovranno passare prima di conoscere la verità sull’incidente fatale di tre anni fa
SEDICO. Mani nei capelli e lacrime. Disappunto e dolore della mamma di Pietro Fanfoni, quando il nuovo giudice del tribunale di Belluno, Enrica Marson ha rinviato di dieci mesi il processo per omicidio colposo a carico dell’imprenditore boschivo, Gianvittore Zucco. È piuttosto anziana e anche fuori dall’aula ha esclamato: «Voglio solo sapere come e perché è morto mio figlio». Il ruolo sarà anche intasato, ma la data del 23 novembre per sentire i testimoni del pm Tricoli le è sembrata troppo lontana nel tempo, e non è un processo facile.
L’udienza di ieri mattina è servita a escludere come responsabile civile la ditta Slongo di Santa Giustina, cioè quella che aveva subappaltato il lavoro nel bosco di Viliago. La Slongo era stata chiamata in causa dall’avvocato di parte civile Resenterra ed è difesa dai colleghi Gasperin e Barzon. In questa occasione, però, era presente il legale dell’assicurazione Piazza del foro di Treviso. È stata quest’ultima a spiegare che l’azienda non aveva responsabilità in quello che è successo il 10 aprile di tre anni fa. La richiesta era avvenuta sulla base di una perizia firmata dal dottore forestale Giampaolo De March, che evidenziava dei profili di responsabilità, perché non avrebbe verificato le condizioni di sicurezza in quel luogo di lavoro.
Fanfoni non stava tagliando quel carpino e, proprio per questo, poteva anche non avere il caschetto in testa. C’era qualcun altro con la motosega e i familiari continuano ad avere dubbi sulla ricostruzione fatta dagli ispettori del Servizio prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e, di conseguenza, della procura della Repubblica, che si è basata sulle loro indagini preliminari. Secondo i familiari il corpo del boscaiolo sarebbe stato spostato da dove si trovava inizialmente, pertanto la scena dell’incidente sarebbe stata inesorabilmente inquinata.
Quello che già si sa è che Fanfoni non era ancora regolarizzato perché le procedure di assicurazione non erano state formalizzate. Stava lavorando, al momento, in nero e non era assicurato. In quel giorno, un ramo lungo 13 metri e pesante una cinquantina di chili è caduto in testa all’uomo da un’altezza di otto o nove metri e l’ha ucciso, perché su quella pianta se n’era appoggiata un’altra, già tagliata, di pioppo. L’impatto è avvenuto tra la nuca e il collo e purtroppo si è rivelato fatale. Zucco è difeso da Perco e Serrangeli e Cason è l’altro legale di parte civile, insieme a Resenterra e in rappresentanza dei familiari del boscaiolo morto. Nel prossimo inverno, comincerà la fase istruttoria del processo.
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