Morì un ginecologo, medico assolto in appello

BELLUNO. Assolto perchè il fatto non sussiste per la morte del ginecologo Caio Soppelsa: Paolo Favi, medico del pronto soccorso del San Martino di Belluno, accusato dell’omicidio colposo del ginecologo, non è colpevole. Ieri la Corte di appello di Venezia ha ribaltato la sentenza di condanna a un anno: il verdetto di primo grado è stato cancellato dall’assoluzione dei giudici veneziani, che hanno confermato anche l’assoluzione in primo grado dell’altro imputato, il radiologo Gaetano Monari.
I due erano stati accusati di omicidio colposo per la morte del ginecologo bellunese, avvenuta anni fa. Soppelsa giunse al pronto soccorso di Belluno in preda a un aneurisma addominale e morì in ospedale a Treviso dopo un estremo tentativo di operazione chirurgica.
Due anni fa la sentenza di primo grado del giudice Antonella Coniglio, che condannò a un anno solo Paolo Favi, 58 anni, il medico del pronto soccorso, nei confronti del quale la magistratura aveva puntato il dito per le presunte negligenze compiute nel trattamento del paziente, tra l’altro un suo collega medico. L’accusa voleva che Favi avesse “trascurato” il paziente; con lui, anche il radiologo Gaetano Monari, 53 anni, che per la magistratura eseguì un’ecografia incompleta. Secondo l’accusa l’ecografia sicuramente aveva evidenziato un aneurisma non ancora in emorragia, dunque andava eseguita una Tac e subito l’intervento chirurgico, che invece avvenne la mattina dopo il ricovero e a Treviso, dove il paziente non si potè portare in elicottero.
Il giudice di primo grado condannò Favi a un anno e assolse Monari. Un verdetto che non piacque all’accusa, che fece appello; lo stesso fece la difesa di Favi (avvocato Sandro De Vecchi).
Si giunge così all’appello di ieri, davanti ai giudici della Terza sezione della Corte veneziana, con un esito che ribalta la sentenza di primo grado, almeno per quel che riguarda Paolo Favi, confermando l’assoluzione per il radiologo Monari (difeso dall’avvocato Prade).
Un quadro accusatorio difficile da districare per le difese, che hanno fatto forza sulle perizie per ribadire l’estraneità dai fatti dei loro assistiti. L’aneurisma che aveva colpito Soppelsa non era diagnosticabile, nel senso che il tipo di malattia non permette di capire il tempo di intervento. Conclusioni, quelle delle difese, in contrasto con alcune tesi dei periti d’ufficio, che invece argomentavano che vi fosse colpa. La Corte ieri ha assolto.
Cristina Contento
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