Morso del ragno violino il primario rassicura «È solo una psicosi»

FELTRE . Meditano di fiondarsi al Pronto Soccorso con la preoccupazione di aver contratto la tossina del ragno violino. Per fortuna non lo fanno. O non lo fanno ancora. Il primo a classificare come...

FELTRE . Meditano di fiondarsi al Pronto Soccorso con la preoccupazione di aver contratto la tossina del ragno violino. Per fortuna non lo fanno. O non lo fanno ancora. Il primo a classificare come fake news le notizie circa gli accessi al Pronto Soccorso per morsi di ragno violino è il primario Edoardo Rossi.

Ma la fobia sociale, quella enfatizzata dai social network sulla diffusione di morsi da ragno violino nella zona del Feltrino, mette i medici nella condizione di spiegare che non è facile entrare in contatto con un artropode tutt’altro che aggressivo. A spiegare che, se anche dovesse succedere, ci sono i rimedi per sgonfiare l’infiammazione e prevenire eventuali progressioni. E anche per sgonfiare quello che appare un allarme ingiustificato. Ma che genera una certa psicosi.

«Il ragno violino, più precisamente il loxosceles rufescens, è una specie autoctona diffusa in tutto il Mediterraneo, che convive con gli ambienti familiari. Viene chiamato anche “ragno eremita” perché è un animale notturno e ama gli ambienti chiusi come le abitazioni, gli armadi, i solai, i bagni. Nonostante questo, le punture documentate di questo ragno sono molto rare, perché vive appartato e morde solo quando è costretto a farlo come, ad esempio, se si indossa una scarpa da ginnastica con l’artropode nascosto. Ancor più raro è che il suo morso abbia conseguenze gravi». Solo eccezionalmente in Italia ci sono stati ricoveri ospedalieri per sintomatologia che coinvolge tutto il corpo, continua il primario Rossi. «A Feltre c’è stato un presunto caso di morso di ragno violino nel 2015, esitato in ricovero perché il paziente era fragile per altre patologie già presenti».

Nel 2015 si era presentato in Pronto Soccorso un paziente con una tumefazione della mano e di un dito in particolare. Grazie all’intuizione diagnostica di un medico dell’équipe di Rossi che aveva messo in relazione questi sintomi con il possibile incontro ravvicinato con l’artropode, pur in assenza di “reperto”, il paziente era stato indirizzato ai reparti di medicina per intensità di cura dove si è praticata la terapia d’attacco con un ricovero prolungato. Forse anche per problemi pregressi, il dito del paziente era andato in necrosi al punto da rischiare il distacco. Pericolo scongiurato. –

Laura Milano.

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