Morte di don Cassol, iniziato il processo ad Altamura

BELLUNO. Il bossolo del colpo partito dalla carabina di Giovanni Ardino Converso fu trovato a 28 metri dal corpo di don Francesco Cassol e da quella distanza, al buio, il cacciatore di frodo poteva...

BELLUNO. Il bossolo del colpo partito dalla carabina di Giovanni Ardino Converso fu trovato a 28 metri dal corpo di don Francesco Cassol e da quella distanza, al buio, il cacciatore di frodo poteva benissimo confondere la sagoma di un uomo con quella di un cinghiale.

È quanto è emerso dall’audizione dei carabinieri che condussero le indagini sulla morte del sacerdote alla prima udienza del processo, in tribunale ad Altamura, per omicidio colposo contro Ardino Converso, l'operaio di Altamura, 54enne, reo confesso dell'assassinio di don Francesco Cassol (i cui familiari si sono costituiti parte civile con gli avvocati Roberto Cociancich e Andrea Marini, del foro di Milano). Al processo si è anche costituito parte civile il Parco Nazionale dell'Alta Murgia.

Nel corso dell’udienza di ieri sono stati sentiti il capitano della compagnia dei carabinieri di Altamura che condusse le indagini ed un militare del reparto scientifico che ha effettuato la comparazione tra il bossolo e l’arma sequestrata all’imputato (difeso dall’avvocato Raffaele Emilio Padrone del foro di Bari), stabilendo che il colpo che ammazzò don Cassol partì effettivamente dalla carabina di Ardino Converso.

Il fatto di cronaca risale alla notte del 22 agosto 2010. Don Francesco Cassol , allora parroco a Longarone, si trovava nella Murgia barese per un raduno di preghiera e digiuno Goum quando, quella notte, fu ucciso con un colpo di fucile all'addome. Due giorni dopo il delitto Giovanni Ardino Converso confessò, dicendo di aver sparato perché pensava che la sagoma del prete fosse quella di un cinghiale. È questa la tesi difensiva dell'uomo, che è stata portata avanti dal legale dell'imputato fin dalle prime fasi dell'inchiesta. Dall'inchiesta non sono emersi finora particolari che facciano pensare che Ardino Converso non si trovasse da solo quella notte, nella Murgia. La tesi difensiva punta sull'errore: Ardino era lì per cacciare i cinghiali, e non si è accorto che stava sparando ad un essere umano. Inoltre, secondo l'avvocato Padrone, «nulla dava a pensare che fossero persone, perché non avevano montato una tenda, non c'era una luce». Converso deve rispondere di tre reati. Omicidio colposo, per aver ucciso don Cassol, scambiandolo per un cinghiale, all'interno del Parco nazionale dell'Alta Murgia. Omissione di soccorso, perché dopo essersi accorto di aver colpito un uomo, invece di un cinghiale, ometteva di prestargli soccorso, dandosi alla fuga. Caccia abusiva, per averla esercitata all'interno di un'area naturale protetta. Si torna in aula il 15 ottobre.

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