Morto a Venezia dopo una festa: due amici patteggiano

VENEZIA. Potevano, anzi, dovevano avvertire il 118 che l’amico stava agonizzando: ma non l’hanno fatto in tempo e così ieri sono stati giudicati dalla gip Barbara Lancieri per omissione di soccorso, per la morte di Antonio Serra, 48 anni, di Pieve di Cadore, avvenuta all’antivigilia di Natale del 2011.
Barnaba Gavagnin ha patteggiato una pena a 10 mesi di reclusione per possesso di stupefacenti (dopo l’accordo raggiunto tra l’avvocato Cristofoli Pratt e la pubblico ministero Paola Tonini) ed è stato condannato a 8 mesi di reclusione per non aver aiutato l’amico, usufruendo dello sconto di un terzo della pena garantito dal rito abbreviato, in cambio di un processo più veloce. Per omissione di soccorso, ha patteggiato 8 mesi - anche lui con sospensione condizionale della pena - anche Matteo Lanza, 40 anni, dopo l’accordo raggiunto tra i difensori Alberini e Palese e la pm.
È stato invece prosciolto da ogni accusa, l’architetto Filippo Camali, difeso dall’avvocata Francesca Lacchin, ritenuto dalla giudice totalmente estraneo ai fatti.
Fatti che risalgono al 23 dicembre di quattro anni fa.
Serra - residente con la famiglia a Calalzo - era venuto a Venezia per passare una serata in compagnia degli amici, partecipando a una festa. Alcol e stupefacenti non erano mancati e, alla fine, l’uomo aveva preferito dormire a casa dell’amico Matteo Lanza, in rio terà degli Assassini: la mattina del giorno dopo, a mezzogiorno e trenta, era stato trovato morto.
Nel corso dell’inchiesta, coordinata dalla pubblico ministero Paola Tonini, è però emerso che gli amici si erano accorti sin dalle 8 del mattina che il compagno stava male: ma non avevano chiamato il pronto intervento. A trasformarli da testimoni ad indagati era stato il risultato dell’autopsia, eseguita dal medico legale Massimo Puglisi, per il quale il ha il 48enne si sarebbe potuto salvare se solo fosse stato assistito in tempo. Il 118 era stato chiamato dall’abitazione di Lanza alle 12.30 e quando i medici del Suem erano arrivati non avevano potuto che constatare il decesso dell’uomo, morto già da qualche ora.
I tre amici avevano sostenuto di non essersi accorti di niente, ma l’inchiesta ha mosso accuse precise. L’udienza di ieri ha permesso di differenziare le posizioni degli indagati: Lanza e Gavagnin - a diverso titolo - hanno così subito una pena per l’omissione di soccorso e, il secondo, anche per la detenzione di modiche quantità di stupefacenti. L’architetto Camali, invece, è stato prosciolto da qualsiasi responsabilità dalla giudice Lancieri, che ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio avanzata per lui dalla Procura. (r.d.r.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi