Munifer Karamaleski va processo a Belluno per terrorismo
Rinviato a giudizio dal tribunale di Venezia, per giudicarlo si riunirà a Belluno la Corte di Assise, evento molto raro
VENEZIA. Munifer Karamaleski, 29 anni, il foreign fighter partito nel 2013 con la famiglia da Palughetto di Chies d’Alpago verso la Siria per combattere nell’esercito del Califfato, deve essere processato.
L’accusa formulata a suo carico dalla pubblico ministero Francesca Crupi, che ha seguito le indagini assieme al procuratore Antiterrorismo lagunare Adelchi d’Ippolito, è quella di partecipazione all’associazione con finalità di terrorismo.
Ieri, al termine di un’udienza preliminare lampo (la pm aveva fatto la sua requisitoria un mese fa, in occasione del processo a Veapi e Zavbi), il gup Massimo Vicinanza ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura. Una decisione che era nell’aria, tenuto conto che il suo difensore, l’avvocato Serena Pecin, non aveva potuto chiedere l’ammissione a riti alternativi nel corso delle udienze preliminari precedenti.
Questo perché il difensore non ha alcuna procura speciale da parte di Karamaleski, né della sua famiglia. Nessuno si è mai fatto vivo. La prima udienza è fissata per il 17 gennaio 2018 davanti alla Corte d’Assise di Belluno (che si riunisce in casi rarissimi, a Belluno).
Il procedimento, dunque, dopo la fase delle indagini lascia Venezia e si insedia nel territorio dove, secondo la Procura antiterrorismo, sarebbero avvenuti i fatti.
Sarà un’udienza cosiddetta filtro, nella quale verranno affrontate le questioni preliminari, saranno depositate le liste dei testimoni e verrà chiesto il conferimento di eventuali incarichi tecnici.
Quel che appare certo è che, a meno di colpi di scena nei prossimi mesi, Karamaleski affronterà il processo da fantasma. Su di lui pende un mandato d’arresto internazionale. Dall’Alpago manca dal 2013 assieme alla moglie e ai bambini. Le ultime notizie su di lui sarebbero arrivate ad alcuni familiari che ancora vivono in provincia di Belluno nel novembre dello scorso anno via Skype. Poi più nulla, almeno ufficialmente.
Per gli investigatori, comunque, si suppone che Karamaleski sia vivo e sia ancora in Siria a combattere, quindi può essere processato. Secondo la Procura veneziana, nell’esercito dell’Isis il 29enne non è un soldato qualsiasi, bensì il guardiano del ghanima, ovvero il deposito del bottino di guerra dello Stato islamico. Guadagnerebbe 200 dollari al mese.
Un ruolo fondamentale nel reclutamento di Karamaleski sarebbe stato, per l’Antiterrorismo, quello svolto da Ajhan Veapi, macedone di 38 anni, arrestato a Mestre nell’aprile 2016, e da Rok Zavbi, sloveno di 26 anni, che agivano su input dell’imam Bilal Bosnic, capace di girare l’Europa e indottrinare 200 foreign fighters, già in carcere in Bosnia e al momento non processabile.
A metà aprile, il gup Vicinanza aveva pronunciato la prima sentenza di condanna in Italia per i reclutatori dell’Isis: 4 anni e 8 mesi in abbreviato a Veapi, 3 anni e 4 mesi per Zavbi.
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