Muore a 19 anni Henry, "eroe" del Catullo

A sei anni gli fu diagnosticata una forma di distrofia che non lascia scampo. La famiglia ha autorizzato l’espianto degli organi. Il papà: «Era fantastico»

Palloncini bianchi al funerale di Henry Rroqja a Ponte nelle Alpi

BELLUNO. La classe 5ªBct del’istituto Catullo di Belluno era desolatamente vuota ieri. Sopra un banco due mazzi di fiori: uno di colore rosso, simbolo di amore ma anche di vitalità; l’altro bianco, simbolo di pace. Sotto una foto di gruppo scattata alla festa dello sport qualche mese fa e una scritta a caratteri cubitali: “Henry: il nostro eroe. Ti ameremo per sempre”.

Henry Rroqja è stato strappato alla vita a soli 19 anni da una forma di distrofia muscolare che non lascia scampo. Lui era l’elemento di coesione dei suoi compagni. Era quello che trovava sempre il lato positivo in ogni circostanza. Aveva sempre il sorriso sulle labbra e un’immensa voglia di vivere, come è giusto che sia alla sua età. «Era una vera forza», lo ricordano tutti, insegnanti, compagni, amici. E anche i familiari. Una famiglia unita, «splendida», che ha saputo trasformare anche questo momento di immenso dolore in un’occasione di solidarietà, di amore per la vita, decidendo di donare gli organi del loro amato figlio.

Con una commozione controllata, papà Anest (di origini albanesi, gestisce una ditta di autonoleggio a Ponte nelle Alpi) parla volentieri di Henry. Parlarne significa sentirlo vicino, ancora vivo. «Era un bravo ragazzo, mi manca tutta la vita. Era un figlio, ma anche un amico», ci racconta. «Non lo lasciavamo mai da solo, ma mercoledì scorso siamo andati a fare degli acquisti a Venezia insieme a una delle tre sorelle. Poche ore, ma è bastato per trovarlo esanime. Un boccone gli è andato di traverso. Lo abbiamo portato subito all’ospedale. Se fossi stato a casa forse avrei potuto aiutarlo», dice con rammarico il papà. «È stata una morte improvvisa, ma ora mio figlio vive ancora in quelle persone che potrà aiutare con i suoi organi», ci dice.

Malgrado la sua malattia, Henry è sempre stato un ragazzo positivo, contento. E autonomo. «A sei anni gli è stata diagnosticato questo terribile male», racconta il genitore, «per tutti noi è stata una vera e propria mazzata. Fino a 12 è riuscito a camminare da solo, anche se un po’ a fatica, poi abbiamo acquistato una sedia a rotelle. Ma questo non è mai stato un limite per lui. Ha sempre fatto tutto come gli altri. Era un ragazzo autonomo, andava da solo agli appuntamenti con gli amici di Ponte, correndo con la sua carrozzina sulla pista ciclabile. Portava sempre il cellulare e io lo seguivo con il Gps. Non avevamo paura».

Henry ha fatto in modo che tutti gli volessero bene. «Ha vissuto 19 anni così intensamente che è come se ne avesse vissuti 30».

Era sempre allegro, cordiale, vivace: «Proprio la settimana scorsa guardavo l’album delle foto», conclude papà Anest, «in tutte era così felice. Non hai mai fatto pesare le sue difficoltà, anzi era il catalizzatore, aveva tantissimi amici che gli sono stati vicini sempre, anche in questi giorni in cui è rimasto ricoverato all’ospedale. Sono stati davvero bravi, è come se fossero i fratelli e le sorelle di Henry».

Una solidarietà e una vicinanza che non è sfuggita nemmeno ai medici del reparto di Rianimazione. Il coordinatore delle donazioni di organi dell’Usl 1, Franco Stetka, che ha seguito le operazioni di prelievo dei reni di Henry (uno andato a Treviso e l’altro a Milano) eseguiti nella notte tra lunedì e martedì, sottolinea come «pur nella sua giovane età, Henry è riuscito a vivere così intensamente da lasciare in tanti un ricordo così indelebile. I suoi compagni e amici erano davvero affranti in questi giorni all’ospedale. È stata una bella dimostrazione di sensibilità della società bellunese».

I compagni di classe si sono avvicendati tutti i giorni al reparto di Rianimazione per essere accanto a Henry e alla sua famiglia. E lunedì, alla dichiarazione clinica della sua morte, l’angoscia è stata tale che non sono più riusciti a continuare le lezioni. Hanno portato i fiori, e hanno scritto i loro pensieri sul suo banco. “Sei la nostra forza”, “Tu amico mio dovresti diventare un esempio per tanti. Ci manchi”.

Henry lascia papà Anest, mamma Manjola, le sorelle Ellen, Emma e Anthea Ines, oltre a tutti gli altri parenti. Oggi alle 15 l’ultimo saluto al cimitero di Polpet.

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