Museo della bici, Nisi conservatore

Cesiomaggiore, avviate varie collaborazioni e attivata una pagina Facebook
Di Laura Milano

CESIOMAGGIORE. Della bicicletta, come cultura della mobilità ecosostenibile, ha sempre fatto il suo cavallo di battaglia, William Nisi. Così, quando si è trattato di individuare il successore di Sergio Sanvido che fino a quando le forze glielo hanno permesso, si è occupato di promuovere il “suo” museo, in stretta collaborazione con l'associazione Fenice, il pensiero è andato a Nisi. Che è diventato il conservatore del Museo storico della Bicicletta di Cesiomaggiore con tante idee da spendere e da cantierare, quindi nel presente e nel futuro, per fare del sito un modello culturale di promozione della bici, fra storia e attualità. Intanto Nisi ha provveduto a inserire il sito museale nella rete della visibilità, da quella virtuale dei social network (ha assommato seicento iscritti su Facebook), a quella delle grandi occasioni come la Gran Fondo Campagnolo, appoggiandosi a referenti commerciali e associazionistici accreditati come Sportful, Lattebusche e Pedale Feltrino.

Poi, senza disdegnare la manovalanza che per lui, anzi, diventa un piacere da coltivare sempre, ha cominciato a recuperare vecchie biciclette, in base a un criterio di restauro conservativo, per non alterare la tipologia originaria. E di comune accordo con il direttore Sergio Sanvido, ha prestato uno dei pezzi significativi della collezione, alla mostra per i il bicentenario dell'arma dei carabinieri, la bici del generale Ugo Luca, già sindaco di Feltre e militare che ha contribuito alla cattura del bandito Giuliano. Le idee sono tante ancora e si estendono, dice il conservatore William Nisi, al significato della bicicletta non solo come mezzo di trasporto ma anche «come mezzo per esplorare persino il mondo della multimedialità, dalla letteratura al cinema, alla fotografia».

Da questo punto di vista è significativo l'invito rivolto ai cittadini di cercare nei cassetti, togliere dalle cornici o dai vecchi album, e prestare al museo, le foto di quando si era piccoli o piccolissimi ritratti con la prima biciclettina regalata per il compleanno o per la prima comunione, o nei primi moti di indipendenza quando le giovani comitive, figlie del boom demografico anni sessanta, inforcavano la bici e si spingevano in salita con la sola forza dei muscoli e non con quella dei cambi shimano.

«Nulla si potrebbe fare del resto, ai fini della promozione e della visibilità di un museo che si vuole sempre più attivo e sempre più calato nel territorio», dice Nisi, «se non si potesse fare affidamento alla Fenice che, oltre a contribuire alla logistica, ossia apertura e chiusura del museo, ha ormai memoria storica di questo sito e l'esperienza di gestione che trasmette». Il museo della bicicletta si affianca e collabora con il vicino museo etnografico di Seravella, da sempre diretto da Daniela Perco.

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