Nei proiettili la chiave del mistero
BELLUNO. La soluzione del caso potrebbe essere lì, all’interno dell’auto, in quel che resta dei proiettili sparati contro la Fiat Idea di Gabriele Balestra. Se non sono andati distrutti nella deflagrazione potrebbero rivelare se l’episodio di Candaten, dove giovedì la vettura è stata trovata crivellata di colpi, e la scoperta su un’abitazione di Orzes di due fori di proiettile sono in qualche modo collegati. Per il momento si tratta di due casi distinti, per i quali sono stati aperti due diversi fascicoli in Procura.
Solo gli accertamenti che si presume verranno disposti sui proiettili potranno stabilire con certezza un collegamento ed eventualmente unire i due filoni. Un lavoro che si preannuncia delicato: le ogive dei proiettili, se sono rimaste integre, si dovrebbero trovare all’interno dell’auto ma cercarli senza intaccare la funzionalità della vettura non è impresa semplice. Una volta concluse le ricerche, infatti, il legittimo proprietario spera che il veicolo gli venga restituito.
Solo a quel punto, dopo il ritrovamento dei proiettili, si aprirebbe la partita degli accertamenti tecnici affidati ad un perito balistico. Le indagini sono portate avanti dai carabinieri (al nucleo radiomobile di Feltre diretto dal luogotenente Alberto Cominelli e al reperto investigativo della compagnia di Belluno diretto dal maggiore Marco Stabile) e potrebbe essere proprio l’Arma, tramite il loro reparto investigativo specializzato in balistica, a fare luce sulla vicenda. Bisognerà chiarire, tramite un confronto, se i proiettili facciano parte della stessa “partita”. Sulla tipologia di arma usata invece sembrano esserci meno dubbi: già nelle prime ore si era escluso che potesse trattarsi di un fucile propendendo più per una pistola.
In attesa di sviluppi su quanto accaduto a Candaten è stata formalizzata la denuncia per quanto successo a Orzes, dove una famiglia ha ritrovato le ogive di due proiettili all’esterno dell’abitazione. Una storia emersa solo venerdì ma che risalirebbe, anche in questo caso, a giovedì. Alle autorità la famiglia non ha riferito di aver ricevuto minacce. La zona è quella di via D’Incà, a dodici chilometri di distanza dal ritrovamento dell’auto a Candaten. Le due località sono collegate dall’Agordina ma resta da capire se dietro all’esplosione dei cinque colpi complessivi - tre verso l’auto di Balestra e due nei confronti della casa - ci sia la stessa mano. Una vicenda definita dal procuratore Paolo Luca «allarmante» e che ha riservato non pochi colpi di scena. A partire dal ritrovamento dell’auto ma non del suo conducente, che mentre i carabinieri iniziavano le indagini si trovava, secondo quanto riferito da lui stesso, al rifugio Bianchet. Un particolare emerso solo venerdì, quando l’uomo, un 50enne mestrino, ha denunciato alla polizia di Mestre il furto della sua auto che, in realtà, era stata sequestrata. Ora si guarda proprio a quell’auto per avere qualche risposta.
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