Nel nuovo Senato siedono i territori
BELLUNO. L’aspetto più importante della riforma costituzionale che verrà sottoposta al voto referendario di domenica riguarda la trasformazione del Senato. Non più istituzione equivalente alla Camera dei deputati, ma spazio dedicato alle Regioni e agli enti locali, con competenze molto diverse dal passato ma non annullate. Per capire la riforma, anche relativamente al nuovo Senato, ci viene in aiuto Sandro De Nardi, professore di Diritto Pubblico dell’Università degli studi di Padova.
Cos’è oggi il Senato. «Il cuore della riforma costituzionale», ricorda il professor De Nardi, «è rappresentato dalle disposizioni che segnerebbero il superamento del c.d. bicameralismo perfetto, vale a dire del principio in virtù del quale la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica attualmente sono così configurati: sono organi i cui componenti – che rappresentano la Nazione – sono eletti dal popolo sovrano (con l’eccezione dei senatori a vita), sia pure sulla base di differenziati requisiti di età; sono organi chiamati ad esercitare identiche competenze, in particolare debbono approvare il medesimo testo normativo per partorire una legge; sono organi chiamati ad accordare e a mantenere la fiducia al Governo. Esiste cioè una sorta di cordone ombelicale che lega il Governo ad entrambi i rami del Parlamento».
Cosa cambia con la riforma costituzionale. «Con l’eventuale entrata in vigore della riforma, l’attuale configurazione del Parlamento muterebbe in radice sotto molteplici profili. Anzitutto nella composizione: il Senato vedrebbe ridotti i sui componenti elettivi dagli attuali 315 a 95, ai quali si aggiungono 5 senatori di nomina presidenziale, in carica per 7 anni e non più a vita. Inoltre i senatori verrebbero eletti – sulla base di una legge a venire – dai Consigli regionali: che li dovrebbero scegliere tra i loro componenti (74) e tra i Sindaci (21), rispettando il criterio proporzionale ed in “conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” (com’è noto proprio su questo problematico punto il dibattito è particolarmente acceso tra i contrapposti schieramenti)».
Un Senato delle Regioni? «Siffatta nuova configurazione del Senato», osserva De Nardi, «i cui componenti elettivi non percepirebbero alcuna indennità di carica senatoriale, dovrebbe contribuire a renderlo espressivo delle “istituzioni territoriali” e non già delle collettività locali, perlomeno stando alle dichiarate intenzioni riformatrici: in buona sostanza i suoi membri elettivi dovrebbero fungere da rappresentanti degli interessi territoriali, prescindendo in toto dagli schieramenti politici o partitici e dalle relative logiche. In secondo luogo, e conseguentemente, muterebbe in profondità anche il ruolo spettante al Senato nella approvazione delle leggi: sicché i due rami del Parlamento sarebbero profondamente differenziati anche sotto questo profilo; in terzo luogo solamente la Camera rivestirebbe il ruolo di organo politico, rappresentativo del popolo: e dunque soltanto lei accorderebbe o revocherebbe la fiducia al Governo. Come si vede, le novità non mancano!».
Un passo indietro. «Ebbene, per farsi un’idea complessiva sulla bontà o meno di queste ultime, sarebbe molto utile ed interessante rispolverare il dibattito che già durante i lavori dell’Assemblea costituente si sviluppò in ordine alla configurazione da dare alla seconda camera e cioè al Senato. Dopodiché, una volta fatto tesoro di quanto illo tempore era già emerso, occorrerebbe analizzare nel dettaglio le molteplici previsioni contenute nel testo che tra qualche giorno verrà sottoposto al referendum popolare, per valutare consapevolmente se esso risponda oppure no agli obiettivi avuti di mira».
L’importanza di chi siede in quell’aula. «In ogni caso», rileva infine il professo De Nardi, «qualunque sia la conclusione alla quale si ritenga di poter pervenire sul punto, non bisognerebbe mai dimenticare che le istituzioni parlamentari non sono semplicemente la risultante delle regole formali (in primis di quelle costituzionali) che in ipotesi ne disciplinano la struttura e le attribuzioni formali: ma dipendono grandemente anche dalla autorevolezza degli inquilini che frequentano i relativi Palazzi (Palazzo Madama o Palazzo Montecitorio). E l’autorevolezza discende, giocoforza e primariamente, dalla statura morale delle persone e dalla loro competenza senza le quali non si va da nessuna parte, nemmeno se in ipotesi si dispone di una Costituzione ben scritta e condivisa a larghissima maggioranza!».
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