Nel primo semestre del 2019 persi 1.240 posti di lavoro
. Cgil e Cisl presentano i dati del mercato del lavoro relativi al primo semestre del 2019, evidenziando come in provincia di Belluno aumentino le assunzioni, ma ancor di più le cessazioni di contratti. E l’effetto di Quota 100 non è sufficiente a spiegare la disparità tra entrate e uscite.
MAGLIA NERA IN VENETO
Il saldo tra assunzioni e cessazioni, a giugno, parla di 1.240 occupati in meno (la stessa voce nel 2018 segnava +955), dato dovuto principalmente alla forte diminuzione dei contratti stagionali e nei servizi (-2.505), ma che nasconde anche alcune buone notizie relative al settore dell’agricoltura (+460) e dell’industria (+805). Nello specifico, a trainare l’aumento di assunzioni nell’industria sono le costruzioni, che crescono nonostante le difficoltà a livello nazionale ed europeo, grazie anche allo sblocco di importanti cantieri sul territorio. Tutto negativo, invece, il comparto dei servizi, che registra un saldo tra entrate e uscite nel lavoro di –790 unità nel commercio, fortemente influenzato dal calo del turismo in provincia. Quest’ultimo dato, in particolare, è attribuibile alla forte diminuzione delle presenze, ma anche all’incalcolabile sfruttamento di lavoratori irregolari, piaga tristemente nota nel settore turistico-stagionale. Buona la crescita dell’agricoltura che, dopo le difficoltà, registra un saldo positivo di 460 unità, tra assunzioni e cessazioni nel settore. «Questi sono dati che ci permettono di fare una lettura del mercato intermedia», spiega il segretario della Cgil di Belluno, Mauro De Carli, «rispetto all’anno scorso sono aumentate le assunzioni, ma anche le cessazioni e per questo la situazione generale non può che essere negativa per il territorio, soprattutto se paragonata alle altre province del Veneto. Solo a Belluno, infatti, non si è recuperata l’occupazione persa negli ultimi dieci anni e si evidenzia per la prima volta un calo di 210 occupati in provincia che arresta il trend di crescita che avevamo visto finora».
PIÙ STABILITÀ, MENO QUALITÀ
Interessante è notare l’aumento delle assunzioni a tempo indeterminato (2.135), contro le cessazioni di pari contratto (875), con un saldo positivo di ben 1260 occupati stabili. Questo dato riguarda tutti e tre i settori in esame: dall’industria (+675), ai servizi (+540), all’agricoltura (+40). Calano, invece, i tempi determinati (-1.845 nel saldo globale). «Questa tendenza è chiara in tutto il Veneto», continua De Carli, «e deriva principalmente da tre fattori: il consolidamento dei tanti tempi determinati attivati negli anni precedenti, gli incentivi per l’assunzione degli under 35 e il “decreto dignità” che ha ridotto l’utilizzo libero dei tempi determinati». «Bisogna anche analizzare la qualità dei posti di lavoro», commenta il segretario della Cisl di Belluno, Rudy Roffarè, «su un numero minore di assunzioni rispetto agli anni precedenti, si conferma l’aumento dei part-time (+27,3%), per cui si conferma una fase calante di reddito disponibile e a farne le spese sono soprattutto le donne (66,6% dei contratti a tempo parziale)».
DISOCCUPAZIONE
Nonostante un calo dei posti di lavoro nei primi sei mesi del 2019, va segnalata una diminuzione molto forte della disoccupazione, che nel 2018 toccava quota 4.125 e quest’anno segna 2815 unità. «Ci aspettiamo che questo dato salga nel secondo semestre per effetto della fine della stagione estiva», spiega Roffarè. Interessante, infine, notare come la media di attesa per la rioccupazione dei giovani non superi quasi mai l’anno, attestandosi in media tra i 4 e i 7 mesi, mentre per i disoccupati più anziani tocchi punte superiori ai due anni. —
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