Neonata morta in ospedale, dieci medici indagati

La piccola, figlia di una coppia bellunese, è deceduta al Ca’ Foncello di Treviso due giorni dopo la nascita. Per la Procura è omicidio colposo: fari puntati su due équipe mediche

TREVISO. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo in relazione alla morte di una neonata avvenuta venerdì scorso al Ca’ Foncello di Treviso. La piccola, figlia di una coppia bellunese, era nata due giorni prima all’ospedale di Oderzo con un cesareo d’urgenza. Ma immediatamente si era reso necessario il suo trasferimento nel reparto di Patologia neonatale a Treviso. Purtroppo per lei e per i genitori non è stato sufficiente a salvarla. Per fare chiarezza su quanto accaduto all’interno dei due ospedali il sostituto procuratore Massimo De Bortoli conferirà domani ad uno specialista l’incarico di effettuare un’autopsia sul corpo della neonata: l’obiettivo è quello di chiarire se la tragedia sia dovuta a una fatalità, magari legata a qualche malformazione, oppure se sia dovuta esclusivamente ad una negligenza medica. La Procura ha quindi indagato tutti i professionisti che hanno avuto a che fare con il parto: una decina tra medici e ostetriche sia a Oderzo che a Treviso.

Era il momento più bello: la nascita della loro prima bambina. Ma si è trasformato in un dolore incolmabile e straziante. Quella bimba che avevano a lungo desiderato è infatti morta venerdì scorso, due giorni dopo il parto avvenuto nel reparto di Ostetricia dell’ospedale di Oderzo. Sul caso indaga la magistratura che ha già prelevato dall’Usl 9 la documentazione sanitaria e le cartelle cliniche, relative ai vari ricoveri che la futura mamma ha effettuato poco prima della tragedia. I referti serviranno a ricostruire quanto accaduto all’interno del nosocomio. Si cercherà di verificare minuziosamente cosa sia successo, andando ad accertare la correttezza dell’operato del personale e delle procedure cliniche.

Quel che è certo è che tutto si è svolto in poche, drammatiche, ore. La partoriente, ormai al termine della gravidanza, era arrivata all’ospedale di Oderzo con dei forti dolori addominali. In reparto, dopo un controllo delle condizioni fetali e alcune verifiche di routine, sarebbe stata tranquillizzata e rimandata a casa. La donna e il marito, entrambi di origini bellunesi ma residenti da tempo nella provincia di Treviso, fanno quindi rientro nella loro abitazione, rassicurati che quei disturbi erano solo un segnale “preparatorio”. Niente più che delle normali avvisaglie che precedono il parto vero e proprio.

Passa qualche ora, ma il dolore al ventre non accenna a diminuire, anzi, si intensifica. L'indomani la donna decide di ripresentarsi all’ospedale. I disturbi addominali sono ancora presenti e con essi aumenta anche la sensazione che qualcosa non stia andando per il verso giusto. Sono circa le 8 del mattino quando la futura mamma raggiunge il reparto opitergino di Ostetricia e viene nuovamente vista dai medici della struttura. È in preda agli spasmi e all'ansia. Teme che la sua bambina sia in pericolo. Nel frattempo, le contrazioni si fanno più marcate e proseguono per 12 ore consecutive, fino alle 20. Un’attesa che alla futura madre appare infinita, mentre aumentano in lei sofferenza fisica, stress psicologico e preoccupazione.

È l’inizio dell’incubo, stando alle parole dell'avvocato Giuseppe Triolo, legale della coppia. «La mia assistita era in preda a dei dolori lancinanti, accompagnati da spasmi e perfino vomito», spiega il legale, «ha chiesto più volte al personale sanitario che l’assisteva di procedere con il parto cesareo, ma i medici della struttura hanno ritenuto di voler proseguire con la procedura consueta. Il travaglio è stato drammatico». Ad un certo punto, la situazione precipita: compare una perdita di sangue. Sono minuti concitati. Solo allora si sarebbe deciso di predisporre la sala operatoria per effettuare il cesareo d’urgenza. «Ipotizziamo che si possa essere rotto l’utero. A quel punto il marito della mia cliente è stato fatto uscire dalla sala parto e la signora è stata portata in sala operatoria per il parto cesareo che lei, aveva già richiesto in precedenza».

La bambina quindi è nata poco dopo con parto chirurgico, ma le sue condizioni di salute sono apparse fin da subito molto gravi. «La situazione era già disperata poiché il mancato apporto di ossigeno al cervello, patito durante il parto, le è stato fatale» aggiunge l’avvocato della famiglia. A nulla è valsa la corsa disperata alla Patologia neonatale del Ca’ Foncello, a trenta chilometri di distanza dall’ospedale di Oderzo. Le funzioni vitali della neonata sarebbero state già gravemente compromesse. La piccola è sopravvissuta per due giorni, intubata e assistita da un respiratore artificiale. «La bambina è morta venerdì scorso e anche la mamma ha rischiato la vita», conclude Triolo, «la coppia in questo momento è sotto shock e chiede di capire perché la loro figlia, che pesava più di quattro chili e stava bene, sia morta in questo modo».

Giorgio Barbieri

Valentina Calzavara

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