«Nessuno farà chiudere il Cesa de Jan»

Istituti ladini nel mirino: da Colle parte la replica al Codacons e a Francesca Larese Filon

COLLE SANTA LUCIA. Istituti ladini da chiudere? I vertici del Cesa de Jan di Colle ribattono: «Non siamo un ente, nessuno può farci chiudere». Ed è irritata anche la presidente dell’Union Generela, Elsa Zardini: «L’Istitut Cultural Ladin Cesa de Jan non è fra quelli che il Codacons propone di abolire per risparmiare 10 miliardi ed evitare così l’aumento dell’Iva. Siamo stati citati anche se non c’entriamo niente».

La proposta del Codacons di abolire la Fondazione centro studi transfrontaliero del Comelico e Sappada e l’Istituto culturale ladino, indicati tra i 500 enti ritenuti inutili, ha sollevato non poca confusione e riacceso gli antichi distinguo tra neo ladini e ladini storici.

Il Codacons, infatti, cita testualmente “l’Istituto culturale delle comunità dei ladini storici”, ovvero la denominazione ufficiale con il quale si presenta l’istituto che ha sede a Borca e che rappresenta 35 comuni bellunesi dichiaratisi ladini dopo l’approvazione della legge 482/99. Nessun riferimento viene fatto all’Istitut Cultural Ladin Cesa de Jan di Colle Santa Lucia, nato in seno alle tre comunità ladine storiche ex tirolesi di Colle Santa Lucia, Livinallongo e Cortina.

Commentando la notizia sul Corriere delle Alpi, la vicepresidente dell’istituto di Borca, Francesca Larese Filon, aveva invece parlato di ipotesi di chiusura per entrambi. Un fare di tutta l’erba un fascio ed un’imprecisione che non è andata giù alla presidente dell’Union Generela di Ladins dla Dolomites, Elsa Zardini. «Noi in quell’elenco non ci siamo», replica piuttosto irritata. «Il Cesa de Jan è un’associazione culturale tra i comuni e le unioni ladine ed è nato per tutelare e rivendicare la specificità della nostra storia e della nostra identità ladina, che è differente da quella degli altri ladini bellunesi. Non siamo nemmeno riconosciuti dalla Provincia: non ci citano neanche sul sito istituzionale».

L’istituto è nato nel 2005 dalla volontà dei Comuni e dalle Unioni ladine di Livinallongo, Colle e Cortina che ne sono i soci fondatori, spiega il direttore del Cesa de Jan, Moreno Kerer. «Attualmente ha anche altri tre soci ordinari: il Comune, l’Unione ladina di Rocca Pietore e la Cooperativa di Cortina. Pertanto non è un ente, ma ha una natura giuridica di tipo privato. Noi viviamo con le quote associative dei soci ed i contibuti che riusciamo ad ottenere in base ai progetti che presentiamo. Se ce li finanziano bene, altrimenti chiudiamo. Siamo uno strumento operativo della legge nazionale 482/99 per le minoranze che non prevede, tra l’altro, di finanziare dipendenti, ma solo i progetti. I soldi arrivano grazie ad una convenzione con il Comune General della Val di Fassa, al quale presentiamo le iniziative e che fa da tramite. Dalla Provincia abbiamo avuto un riconoscimento formale, ma che non prevede alcun tipo di finanziamento».

La paventata soppressione non tocca l’istituto, gli fa eco il presidente Luca Agostini. «Il diritto di associarsi è garantito dall’articolo 18 della Costituzione. E noi siamo un’associazione. Certo l’ideale sarebbe poter avere lo status di ente istituzionalizzato come gli istituti ladini delle province di Trento e Bolzano. Dopo 10 anni di lavoro, questa realtà dei 3 comuni storici ha dimostrato comunque la volontà concreta di fare qualcosa per sostenere la cultura e l’identità ladina distinguendosi dagli altri». (lo.so.)

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