Nevicate ridotte ai minimi termini: sulle Dolomiti bellunesi piste artificiali e rischio siccità

Le precipitazioni da ottobre 2024 a questo gennaio sono state troppo scarse: la riserva d’acqua non basterà

Francesco Dal Mas
Una pista da neve del Bellunese formata solo da neve artificiale
Una pista da neve del Bellunese formata solo da neve artificiale

La neve arrivata nei giorni scorsi (fino a 40, anche a 60 cm) e quella che sta per cadere, fino a 10-15 cm, sarà sufficiente per garantirci contro la siccità estiva? Intanto, quello che ad ora è certo, è che ne è caduta così poca nel Bellunese che le piste da sci restano in piedi grazie soprattutto alle neve artificiale. Insomma: fa caldo, nevica pochissimo e anche di pioggia ce n’è poca.

L’equivalente idrico nivale (Swe) – l’indicatore della quantità di acqua stoccata in montagna sotto forma di neve – si fermava a fine 2024 a quota meno 91,78%. Indice in rosso raggiunto da nessun’altra realtà alpina nell’arco nordorientale. Si pensi che il deficit di neve a livello nazionale, a metà gennaio, segnava meno 63% rispetto al periodo 2011-2023.

Alla stessa data del 2024, anno in cui l’andamento della neve in Italia è tornato nella normalità dell’ultimo decennio, l’indice Swe era meno 39%, in provincia quasi tre volte tanto. Giuseppe Romanello, direttore del consiglio di bacino Dolomiti, si dice preoccupato: «Abbiamo tutto il tempo di recuperare, anche se di questo periodo non accadeva che piovesse a 1800 metri di quota e nevicasse poco solo più in alto».

La provincia di Belluno consuma dai 13 ai 14 milioni di metri cubi d’acqua l’anno per uso idropotabile. Si tratta di una quota pari a circa il 10-15 per centro dei consumi complessivi.

L’Arpav ha diffuso la quantità di neve al suolo dall’inizio dell’anno idrologico, quindi da ottobre. Rispetto al 2023/2024, ma alla stessa data del 31 gennaio, in Comelico, a Malga Coltrondo, è nevicato per 25 cm in meno (siamo a quota 192 cm, meno di così solo nel 2019, e nel 2016 e 2017, gli anni di maggiore siccità). Mezzo metro di differenza in negativo ai 2250 metri dei Monti Alti di Ornella, sopra Arabba.

Nevica troppo poco, le riserve idriche si assottigliano: la pianura inizia già a preoccuparsi
Paolo CagnanPaolo Cagnan
Plan de Corones, in Alta Pusteria (Alto Adige)

Altri 54 cm, sempre in deficit, sul Col dei Baldi, alle spalle del Civetta. 40 cm di “rosso” anche a malga Losch, in Agordino. E Ad Arabba? Altro che i 462 cm del 2021; è fioccato solo per 109 cm, mezzo metro in meno rispetto ad un anno fa. E a Falcade solo mezzo metro di neve, 3 cm in meno di un anno fa. La coltre bianca è stata più elevata (54 cm) in Casera Palatina, sopra Tambre d’Alpago. Nei prossimi gironi Arpav tirerà il bilancio idrologico e si capirà a quel punto quale sarà la prospettiva.

Un bilancio, si badi, che tien conto sia della riserva nivale che delle precipitazioni. «Dall’inizio della stagione metereologica, cioè dal primo ottobre, le precipitazioni nevose sulla montagna veneta, inteso come cumulato di neve fresca, si stanno posizionando al di sotto della media degli ultimi 15 anni» spiega Gianni Marigo, direttore dell’Arpav di Arabba, «Gli scarti più significativi sono alle quote medio-basse, in particolare sulle Prealpi e nei fondivalle dolomitici».

Dopo un ottobre molto piovoso, le precipitazioni sono state comunque inferiori alla media, in alcuni casi anche molto inferiori. Il mese di novembre, ad esempio, è stato molto siccitoso. «Inoltre alle quote medio basse e sulle Prealpi abbiamo avuto frequenti episodi di pioggia. Quindi» puntualizza il dirigente dell’Arpav «mentre sulle Dolomiti, alle quote medie e medio alte lo scarto c’è ma è più ridotto, alle quote più basse, soprattutto nei fondivalle, in questo caso mi riferisco ad esempio a Falcade e alle Prealpi, gli scarti sono più significativi. Proprio perché abbiamo avuto una maggior componente di pioggia».

E rispetto all’anno scorso? «In alta quota c’è stata più neve, mentre in bassa quote abbiamo avuto un contributo maggiore di pioggia».

Parlare ora di siccità è improprio, secondo gli esperti dell’Arpav, perché la situazione meteo e climatica può cambiare da una settimana all’altra. E in ogni caso la risorsa idrica dipende non solo dalla neve, ma dalla disponibilità complessiva di acqua del sistema.

Nell’ultimo autunno è piovuto fino a ottobre, poi le precipitazioni sono state di gran lunga inferiori a quelle attese. «Sta di fatto» conclude Paolo Frena, presidente Unione Montana Agordina «che se la pioggia caduta fino a quota 1800 fosse stata neve, saremmo arrivati imbiancati fino a fine stagione, garantendo la riserva nivale necessaria. Invece di neve non ce n’è».

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