Niente dissequestro il sito Ascon resta chiuso

Il tribunale del riesame ha respinto l’istanza dei legali dell’azienda di Busche Già si prepara un ulteriore ricorso, questa volta alla Corte di Cassazione

di Roberto Curto

CESIOMAGGIORE

Il tribunale del riesame ha respinto la richiesta di dissequestro del sito Ascon di Busche. Il nuovo impianto utilizzato per la produzione di cemento e asfalti bituminosi resta dunque fermo al palo. Segno che secondo i giudici del riesame gli elementi raccolti finora dalla procura giustificano il perdurare dello stop produttivo. I giudici Sergio Trentanovi, Antonella Coniglio ed Elisabetta Scolozzi che hanno composto il collegio giudicante si sono presi il fine settimana per decidere. Ieri il responso negativo che ora i legali dell’azienda cercheranno di rintuzzare presentando un ulteriore istanza di dissequestro, questa volta in Cassazione.

Dal 30 settembre, giorno in cui gli agenti della Forestale si presentarono allo storico sito lungo la strada statale sono trascorsi giorni di tensione, di prese di posizione e di atti ufficiali della procura, come i quattro avvisi di garanzia emessi a carico del presidente del consiglio di amministrazione Ascon Klaus Schillkowski, dei progettisti Gian Renato Piolo e Gianni De Nardin, nonché di Marco Merotto dell’ormai fallita Merotto Spa. Segno che la procura sta scavando indietro nel tempo di questa attività produttiva.

Tra gli elementi che stanno alla base delle motivazioni del sequestro c’è la destinazione dell’area occupata dal sito, considerata golenale dagli inquirenti e quindi non destinata a ospitare alcuna costruzione. Il pubblico ministero Antonio Bianco, titolare dell’inchiesta, giustifica il sequestro con il fatto che l’impianto è stato considerato costruito in zona agricola E2 (di pregio). Una classificazione definita “clamorosamente errata”. In più l’area è “zona sismica”.

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