No ai cani per i ciechi sulle scale mobili: «Ricorreremo in appello»

Il giudice civile ha dichiarato inammissibile il ricorso contro Comune e Bellunum. I non vedenti: «Non siamo discriminati perchè non siamo bellunesi? E' inaccettabile»

BELLUNO. Niente scala mobile per i cani guida. Il giudice civile del Tribunale di Belluno, Umberto Giacomelli ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da nove ciechi contro il Comune di Belluno e la Bellunum, la società che gestisce il parcheggio di Lambioi, ricorso per poter accedere a piazza Duomo con i loro fedeli amici a quattro zampe. Simona e Nadia Zanella, Alessandra Bragagnolo, Massimo Vettoretti, Samuele Frasson, Fernando Giacomin, Laura Raffaeli, Ilaria Frenez e Mauro Quintavalle hanno deciso di fare appello contro l’ordinanza del giudice tramite gli avvocati Frare di Venezia e Megali di Belluno.

I fatti contestati risalgono al 9 maggio 2015, quando i non vedenti ritenevano di essere stati discriminati, perché qualcuno di loro non era stato fatto accedere alle rampe della scala mobile. Le auto degli accompagnatori delle persone non vedenti, spiegava il Comune, possono parcheggiare dappertutto, a patto di non intralciare la circolazione e questo è spiegato in un cartello: la legge numero 60 del 2006 prevede il libero accesso alle persone prive di vista, insieme ai rispettivi cani su ogni mezzo di trasporto pubblico. Nel loro ricorso, chiedevano che Comune e municipalizzata venissero condannati a pagare un risarcimento per danni non patrimoniali di 2 mila 500 euro a testa per un totale di 22 mila 500 euro.

Mentre le controparti avevano ribattuto, con i rispettivi avvocati Vignola e Viel che il ricorso era inammissibile, che il giudice competente era quello amministrativo e che dal punto di vista territoriale non c’entrava il Tribunale di Belluno.

Di sicuro nessuno dei ricorrenti ha spiegato di essere stato personalmente discriminato; nessuno abita a Belluno né ha motivi particolari per venire in città, tanto più che la maggior parte di loro vive fuori provincia: due nel Trevigiano e gli altri quattro in altre regioni.

Il ricorso è stato giudicato inammissibile, ma nessuno si ferma a questa ordinanza: «Ricorreremo in appello contro quella che consideriamo una decisione inaccettabile», annunciano i nove, «sostenere, come ha fatto il giudice, che non ci sarebbe alcuna discriminazione perché molti di noi non sono bellunesi, ci pare semplicemente assurdo. Questa situazione potrebbe essere paragonata a quella di un bellunese che venga rifiutato da un taxi o da un ristorante o albergo romano. Non sarebbe questa una discriminazione?».

Pagheranno quasi 3 mila euro di spese di lite, però «useremo ogni mezzo messo a disposizione dal nostro ordinamento per difendere in ogni sede, senza se e senza ma, quello che è un diritto inalienabile di ogni persona: il diritto alla libertà di movimento, autonomia e autodeterminazione».

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