«No al vice direttore gli interlocutori sono i nostri sindaci»
BELLUNO. Il parere vincolante dei sindaci sulle scelte socio sanitarie che riguardano la provincia di Belluno e un vice direttore di distretto: sono le richieste avanzate dai sindaci con l’emendamento presentato in “extremis”, per conto dei sindaci di Feltre e Belluno, dal consigliere regionale del Pd, Sinigaglia.
«Non esiste». La risposta dell’assessore bellunese Gianpaolo Bottacin è perentoria: «Il vicedirettore di distretto non è nei nostri piani. Con l'unificazione delle due aziende, infatti, si risparmia mezzo milione di euro, pari a quattro figure amministrative. Un risparmio che ci consentirà di potenziare i servizi sanitari sul territorio. Mi rivolgo ai bellunesi chiedendo se vogliono più assistenza, magari vicino a casa, o una “carega” in più». La risposta Bottacin l'ha ricevuta già l'altra mattina in piazza Martiri, dove «sono stato ringraziato per il tentativo di incrementare le prestazioni sanitarie anziché le poltrone».
«Per quel che riguarda il parere di chi amministra il territorio», prosegue Bottacin, «questo è già previsto grazie alla conferenza dei sindaci, altre figure sono incompatibili». «Questo è vero», ammette Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di Cadore, vicepresidente della conferenza dei sindaci e coordinatrice del distretto del Cadore e del Comelico. «Ma noi appunto chiediamo che si cambi la norma, dandoci questa sicurezza. E cioè che l'unificazione delle aziende non fagociterà il ridimensionamento soprattutto delle periferie, la nostra e quella dell'agordino». I sindaci di distretto dovrebbero avere poteri vincolanti e la sintesi di questi poteri finirebbe in capo ai vice direttori. «I poteri li ha già la Conferenza dei sindaci», replica Bottacin. «Che si mettano d'accordo». D'accordo su che cosa? «I distretti, così come loro li concepiscono, desautorerebbero le Conferenze dei sindaci» risponde l'assessore. «A noi interessa che nessun servizio venga chiuso», insiste Buzzo. «È proprio quello che vuole la Regione con l'unificazione dell'apparato amministrativo», replica Bottacin.
Quanto alle contestazioni sulla fusione delle due Usl e, contestualmente, al richiamo della specificità montana che imporrebbe almeno una deroga, Bottacin ricorda che la provincia di Sondrio ha una sola azienda sanitaria. E altrettanto accade in provincia di Verbania. Per non dire di Trento e di Bolzano. Se è la sinistra a protestare, ecco lo stesso Bottacin segnalare che in Toscana le Usl sono soltanto tre e che in Emilia Romagna ci sono quattro province che fanno riferimento ad un'unica azienda.
«È inutile, quindi, aggrapparsi alla specificità. Anche perché questa proposta di legge», ricorda ancora l'assessore, «tra le competenze non prevede affatto la materia sanitaria». Quindi? «Quindi prima di parlare a casaccio bisogna leggere bene i testi a cui si fa riferimento».
Ed è lo stesso invito che agli amministratori del Bellunese rivolge il presidente della Regione, Luca Zaia. «Si sta ripetendo la stessa reazione registrata dopo la riforma sanitaria del 2012 che, per aspetti, era addirittura più complessa. Allora ci furono proteste con tanto di cortei e manifestanti portati in pullman contro presunti tagli e ridimensionamenti. Bene, a quattro anni di distanza questi stessi bellunesi possono certificare che non si è chiuso nulla, proprio nulla, e che anzi la Regione ha investito nei quattro ospedali. Adesso si racconta un'altra favola: se si fa un'unica Usl delle due che c'erano i cittadini avranno gli ospedali chiusi».
Per Zaia è una disinformazione strumentale, perché la verità è l'opposta: i risparmi consentiranno maggiori investimenti nella cura e soprattutto nell'assistenza territoriale. Il governatore rischia di perdere la pazienza nel spiegare che la riforma amministrativa non riguarda affatto l'assetto ospedaliero. «Ai bellunesi dico che se vedranno la porta dell'ultimo sgabuzzino chiusa, protestino pure con me. Lo dico perché dobbiamo finirla con questa perdita di tempo. I cittadini bellunesi non vanno presi in giro».
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