«No alle cucine esternalizzate» Migliaia di firme per l’ospedale

Agordo. Circa 3500 quelle raccolte contro l’affidamento a una ditta della confezione dei pasti Saranno consegnate a Zaia lunedì. Si teme per il personale: oggi sono in 17, 11 sarebbero in esubero
L'ospedale di Agordo
L'ospedale di Agordo

AGORDO. Sono circa 3500 le firme raccolte in queste settimane in Agordino per dire “no” all'esternalizzazione della cucina dell'ospedale di Agordo. A queste se ne aggiungono quasi altrettante da Belluno. Tutte assieme lunedì verranno consegnate al presidente della Regione, Luca Zaia, in occasione del suo arrivo in provincia. Tutto è nato dopo l'incontro del 17 settembre a Belluno tra direzione strategica dell'Usl 1 e organizzazioni sindacali sulla gestione della ristorazione in ospedale. Alla frase, riportata nel testo che accompagna i moduli per la raccolta firme, per cui per qualcuno la cucina interna sarebbe “un lusso che non ci possiamo permettere”, gli organizzatori della petizione oppongono da un lato la qualità del servizio erogato fino ad oggi, dall'altro qualche dubbio sui presunti risparmi.

Alla cucina dell'ospedale oggi lavorano 17 persone. Nel 2014 hanno sfornato 190 mila pasti che sono stati consumati dai degenti nei reparti dell'ospedale, dagli ospiti delle Rsa (anziani inabili, polifunzionale 1 e 2), dagli anziani che li ricevono a domicilio, dagli studenti e dal personale dell'Unione montana.

Vengono preparati quattro primi, quattro secondi, quattro contorni per i 46 tipi di diete diverse. Ogni sera i frigoriferi della cucina sono pressoché vuoti perché i prodotti usati, salvo il pesce che è congelato, sono freschi (lo è l'80% delle verdure). Il costo di ogni pasto, comprensivo di Iva e di ogni tipo di spesa, dal metano, alle divise dei dipendenti, è di 6,46 euro.

Da quanto sospettano i promotori della raccolta firme, l'ipotesi economica sul tavolo dell'Usl 1 sarebbe sì inferiore come prezzo base, ma a questo andrebbero aggiunti l'Iva al 10% e le colazioni. Alla fine il totale non sarebbe molto distante dai 6,46 euro dell'ospedale di Agordo. Ma anche ammesso che i prezzi di una ditta esterna siano più vantaggiosi, i sostenitori della petizione ritengono che ci sia anche un'altra questione da approfondire. Se il servizio venisse esternalizzato sia per Agordo che per Belluno, 11 degli attuali 44 dipendenti sarebbero in esubero. Persone che andrebbero a quel punto reintegrate. Se, come fanno i promotori della raccolta firme, si ipotizzano 30 mila euro l'anno di spesa per ciascun esubero, il costo totale (330 mila euro) sarebbe lo stesso che l'azienda sanitaria si prefiggerebbe di risparmiare con l'esternalizzazione della cucina.

«Che differenza c'è tra una gestione diretta e una gestione in appalto e quale futuro per i dipendenti della cucina?», si chiedono a questo punto i 3500 firmatari agordini «come fanno le ditte private a proporre prezzi inferiori? Quale sarà la conseguenza sulla qualità del servizio? Siamo sicuri che siano state vagliate tutte le possibilità per evitare l'esternalizzazione del servizio a cui la direzione strategica è stata costretta a seguito della bocciatura da parte della Commissione regionale per l'investimento in tecnologia ed edilizia (Crite) del progetto di fusione delle cucine di Belluno Agordo e Sersa inizialmente preso in considerazione? La speranza è che tutte queste domande trovino risposte positive e che le decisioni non vengano influenzate da interessi di sorta».

Gianni Santomaso

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