«Noi ex Internati, per anni siamo stati rifiutati»

Il ricordo di Enzo Soravia, presidente della sezione Anei di Pieve di Cadore «Non eravamo legati ai partiti, ne abbiamo pagato le conseguenze»
Di Vittore Doro

PIEVE DI CADORE. È nata nel 1950, la sezione di Pieve di Cadore degli ex Internati nei campi di concentramento. Solo l’anno prima a Roma, su iniziativa di Paride Piasenti, era nata l’associazione nazionale ex Internati, del quale Piasenti divenne presidente, una carica che mantenne a lungo.

La necessità di associarsi, da parte degli ex Internati del Cadore emerse subito dopo il ritorno a casa, nei mesi del 1945 seguenti alla liberazione. Il bisogno di associarsi nacque prevalentemente perché agli ex prigionieri, una volta rientrati in Patria, nella quasi generalità, i partigiani riservarono loro un trattamento quasi inumano, quasi cercando di far pagare a loro le colpe del regime appena terminato.

«Quando siamo rientrati casa - spiega il novantaduenne Enzo Soravia, attuale presidente della sezione di Pieve di Cadore dell’Anei - ci siamo trovati davanti ad un rifiuto quasi generalizzato nei nostri confronti. Nessuno ci dava lavoro, siamo stati trattati alla stessa tregua dei reduci della Prima Guerra mondiale al loro rientro nei paesi di origine. La spiegazione è semplice, anche se amara: i partigiani rimasti in Italia, erano quasi tutti militanti di partiti politici e pertanto alla fine del conflitto sono stati protetti dalle loro strutture partitiche, nelle quali non c’è stato posto per chi era stato internato. Una situazione che è durata per anni. Nei mesi di prigionia, dopo il rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale Italiana - aggiunge Soravia - gli internati non avevano potuto fare politica e al loro rientro si sono trovati soli, senza nessun sostegno, né per loro, né per le loro famiglie. Noi avevamo preso la nostra decisione di essere fedeli al giuramento fatto, non al Re, ma bensì all’Italia. Per noi era importante difendere l’italianità e non un partito. Così chi era rimasto in Patria potè accaparrarsi i posti di lavoro migliori, quasi sempre sostenuti dai partiti».

E così in Cadore prima è nata la sezione di Pieve e pochi anni dopo la sezione di Santo Stefano. Nata nel 1950, la sezione di Pieve raccolse subito molti consensi tra gli ex Internati, tanto nel 1967, sotto la presidenza di Bruno Bianchi e con la segreteria di Sandro Spina, si diede una struttura organizzativa in grado di prendere iniziative anche economiche.

Con una cerimonia ci fu anche la benedizione della bandiera fatta dall’arcidiacono monsignor Angelo Fiori. Una delle prime azioni della sezione fu la costruzione del monumento agli ex Internati – la scultura è di Carlo Balliana - che fu pagata dagli stessi soci, con un importante apporto economico da parte della Sezione ex Internati di Santo Stefano.

A Bruno Bianchi alla presidenza della sezione, successe Santin di Termine di Cadore, che mantenne la carica fino alla fine del 1900, quando subentrò l’attuale presidente Enzo Soravia di Venas. Un presidente molto attivo e molto attento a quanto succede sul territorio, tanto da aver partecipato anche alle ultime manifestazioni in difesa del Cadore, come quella sul ponte, quando si trattò di difendere la sanità cadorina.

«Oggi, conclude Soravia, la sezione è ancora attiva, ma non so quanto potremo resistere perché il numero dei soci, data l’età, si sta assottigliando. Cercheremo di resistere per mantenere vivo il ricordo degli ideali che ci hanno fatto rifiutare l’adesione alla RSI, durante la prigionia».

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