«Non c’è prova della colpa e nemmeno del reato»

Nel giudizio per il bando dell’addetto stampa è il giorno delle difese che tentano di smontare le accuse mosse a Franceschi, Vesentini e Musso
Di Irene Aliprandi

CORTINA. «Ditemi dove e quando Vesentini, Franceschi e la Musso si sono trovati per mettersi d’accordo sul bando». È la giornata delle difese nel processo per l’addetto stampa del Comune di Cortina, che vede imputati con accuse diverse l’ex sindaco (abuso d’ufficio), il giornalista veronese (truffa) e l’ex segretario comunale (abuso d’ufficio, falso e truffa). L’udienza di ieri si è aperta con l’arringa dell’avvocato Maurizio Paniz, difensore dell’ex sindaco insieme al collega Antonio Prade. Paniz ha ricostruito la vicenda evidenziando “i punti deboli” dell’accusa che durante il processo non sarebbe riuscita a provare la colpa dei tre imputati, ma nemmeno l’esistenza di un reato. E se anche si dovesse considerare illegittimo il concorso, «questa non è una prova che i tre imputati abbiano deciso insieme di pilotarlo». In ogni caso «l’iter procedurale del concorso si è svolto in modo trasparente», sottolinea Prade, «ma soprattutto con la totale estraneità di Franceschi» e per il libro sul suo “esilio” Vesentini ha lavorato a titolo privatistico, senza rendicontarlo al Comune.

Il secondo round è affidato agli avvocati di Vesentini, prima De Luca e poi Sona, che hanno sottolineato la mancanza dell’elemento soggettivo a carico del giornalista: «Qual è il contributo causale di Vesentini? Quando egli diventa beneficiario consapevole? Manca l’istigazione all’aiuto e se anche fosse vero che lui era il favorito, non c’è prova che abbia partecipato ad un reato e non c’è vantaggio patrimoniale», dice l’avvocato De Luca che va oltre parlando di «favore istituzionale del gip alla procura», perché «dopo aver prosciolto gli altri due indagati era chiaro che non c’era la prova di una responsabilità, ma ha voluto dare al pm la chance di giocarsi l’accusa al processo». De Luca infierisce anche sui testimoni Tiziana Bolognani e Francesco Cavallaro, la prima per aver «immaginato una collusione per l’errore sulla data di una legge, segnalandolo all’Ordine anziché al Comune». Il secondo, invece, partecipò al concorso e, pur ammettendo di aver fatto scena muta per metà esame, segnalò all’Ordine un presunto favoritismo perché tra le domande della commissione c’erano anche le Regole. «Bolognani monta il caso e Cavallaro, anziché vergognarsi di non conoscere una delle realtà più importanti di Cortina, si lamenta delle domande». Su questo punto insiste la collega Sona: «Vesentini ha vinto perché lo meritava, la doppia ingiustizia dell’ingiusto vantaggio per illecita condotta non c’è e non è vero che solo Vesentini aveva fatto un errore nel primo bando. Inoltre ha sbagliato la data di una presenza, ma è provato che ha sempre onorato il contratto».

Infine la difesa Musso (Paolo Zaglio) che ha sottolineato come l’ex segretario fosse fresca di nomina, quindi estranea agli altri due e avrebbe potuto seguire l’iter per la nomina di un portavoce (senza concorso). Musso inoltre affidò la redazione del bando a una funzionaria e lo revocò dopo che si erano evidenziati numerosi problemi, oltre al fatto che si limitò a ricevere la rendicontazione da Vesentini «e il dolo passivo non esiste».

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