«Non è più tempo di fiere vecchio stampo»

Lo dice il presidente della Consulta, Dal Pont. L’assessore Tabacchi: «Servono attività collaterali»
La tradizionale sagra dei Fischiot
La tradizionale sagra dei Fischiot

BELLUNO. Anche le fiere in tempo di crisi vanno ripensate nell’ottica di maggiore qualità e minore quantità.

A chiederlo è il presidente della Consulta Ascom di Belluno, Andrea Dal Pont, dopo la scarsa partecipazione alla fiera dell’Addolorata di domenica scorsa. Considerazioni, le sue, che trovano l’approvazione piena anche dall’amministrazione comunale di Belluno che però precisa: «Ci sono concessioni decennali a cui non possiamo derogare».

«Anche le sagre sono lo specchio di come stanno andando le cose in tempo di crisi. Una ventina di bancarelle storiche non si sono fatte vedere quest’anno anche perché c’era l’allarme meteo e le persone erano di meno. Questo significa che se uno non ha soldi non va alle fiere per trovare poi tra le bancarelle prodotti tutti uguali e magari di qualità non proprio elevata. A questo punto», precisa Dal Pont, «sarebbe necessario ripensare completamente queste manifestazioni nell’ottica di migliorare la qualità dei prodotti che vengono proposti. E insieme a questo andrebbero invece diminuite le bancarelle. Meno stand ma di maggiore qualità».

Per il presidente della Consulta di Confcommercio, quindi, «bisogna riappropriarsi del valore iniziale della fiera, che è quello di trovare prodotti particolari rispetto a quanto solitamente si trovano ai mercatini o al mercato settimanale. Le fiere non devono essere la riproposizione di articoli che già si vedono al mercato, ma di qualcosa di diverso. Soltanto così la gente, che ha già pochi soldi in tasca, potrà spendere qualcosa o anche soltanto venire a vedere cosa c’è nelle nostre piazze».

Della stessa idea anche l’assessore al turismo e alle attività produttive, Valerio Tabacchi che aggiunge: «Concordo con Dal Pont, ma dobbiamo anche considerare che questi espositori hanno con il Comune dei contratti decennali e finché non scadono non possiamo intervenire per ridurne il numero. Sono consapevole che serva anche maggiore qualità dei prodotti, ma non possiamo nasconderci che gli espositori italiani non hanno più i soldi o non sono più interessati a questa attività, lasciando lo spazio a venditori stranieri che magari non puntano tutto sulla qualità».

«Il tempo delle fiere fatte così come si facevano trent’anni fa è finito, serve non solo la fiera ma anche attività collaterali che facciano da richiamo per la gente, per farla venire qui. Quest’anno non abbiamo potuto pensarci perché non abbiamo risorse. Ma stiamo ripensando a tutte le attività tradizionali anche nell’ottica di attrarre i turisti pure nella buona stagione». (p.d.a.)

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