Non inventò la rapina: assolto il benzinaio di Feltre
FELTRE. Tamponato e rapinato. L’ex benzinaio del Cucagas di Feltre, Roberto Giglio, è stato assolto con formula dubitativa dalla simulazione di reato, perché il fatto non sussiste. La querela per l’appropriazione indebita di 16 mila euro era stata ritirata e, per questo capo, il giudice Feletto ha completato la sentenza con un non doversi procedere. Nessun risarcimento alla compagnia di assicurazione Amissima, che riteneva di essere stata truffata e pertanto aveva chiesto un risarcimento danni di 15 mila euro.
Il pubblico ministero Gulli aveva chiesto una condanna a un anno e 20 giorni di reclusione, mentre la difesa Pasin l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, in subordine per insufficienza di prove, che è quella che ha ottenuto.
Nell’esame dell’imputato, Giglio ha ricostruito innanzitutto quel primo aprile 2015 quando ha chiuso il distributore, è andato a casa per una doccia e la cena e poi è tornato sul posto di lavoro per fare i conti e recarsi alla cassa continua della banca, per fare il versamento dell’incasso.
Era in regime di partecipazione alla gestione del legale rappresentante Valerio Casarin, che a volte si lamentava dei versamenti in ritardo di qualche giorno. La contabilità veniva tenuta dalla figlia Antonella, che è stata più precisa sui numeri. «Mi sono messo in macchina alle 22.30, dirigendomi dal Casonetto verso il centro di Feltre», ha raccontato Giglio, «l’auto aveva un problema, nel senso che borbottava e procedevo a velocità moderata, quando sono stato tamponato da una Golf scura, che mi ha anche fatto i fari. Ho accostato alla prima piazzola e sono sceso. Avevo la tracolla con la borsa sulla destra e dentro 20 mila euro. Gli altri 10 mila sotto un sedile. Sono stato aggredito da un uomo con la carnagione scura, alto 1,80 e di corporatura robusta, con i capelli mori e le orecchie pronunciate. Mi ha sorpreso alle spalle, strattonandomi, buttandomi a terra e portandosi via i soldi».
Quando si è rialzato, Giglio ha trovato soccorso in un finanziere in borghese, poi ha chiamato i carabinieri sul numero fisso e non su quello di emergenza 112. Aveva due piccoli segni sul collo e all’altezza di una tempia. Lievi tracce anche sul paraurti dell’auto. La ricostruzione e le conseguenze non hanno convinto i militari, che fra l’altro non hanno visto la Golf nelle immagini video. Ma c’è una stradina dietro il Cucagas e può darsi che il rapinatore sia partito da lì, prima di dileguarsi su strade secondarie e non lungo la statale 50.
Il 3 giugno Giglio passa al Cucagas per consegnare i giornali alla nuova gestrice del bar, prima di tornare in macchina e dirigersi verso Trento e poi il lago di Garda. Spegne il telefono, toglie una delle diverse Sim che ha a disposizione e non lo trova più nessuno fino all’8, quando chiama il 112 da Limone. I carabinieri gli troveranno in auto un cacciavite, un topicida, una gomma e dello scotch. Aveva tentato due volte di togliersi la vita.
Dopo un’ora e mezza di camera di consiglio, il giudice ha motivato la sentenza di assoluzione, dicendo che «gli argomenti dell’accusa e quelli della difesa hanno pari dignità. Il racconto di Giglio desta perplessità: l’ora tarda; la chiamata al numero della caserma; l’arrossamento sulla pelle e l’ammaccamento sul paraurti lievi. Ma la difesa ha dato una versione alternativa su tutti questi aspetti, perlomeno i più rilevanti. Capitava che versasse i soldi in ritardo, a suo dire perché c’erano clienti che pagavano a 15 giorni; il numero dei carabinieri era quello che aveva sul cellulare, in quanto collegato all’impianto di allarme; il tamponamento è avvenuto a bassa velocità e la felpa che l’uomo indossava ha limitato i danni fisici dell’aggressione. Non c’erano problemi economici: il distributore era ben gestito e produceva utili e Giglio non era giocatore di slot machine. I dipendenti del Cucagas venivano pagati regolarmente».
C’erano dei dubbi, ma non bastavano a una condanna.
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