Non stuprò le amiche nel “bunker” a Fonzaso Assolto un marocchino

Il giovane era stato arrestato e messo agli arresti domiciliari Una ragazza con cui aveva una relazione l’aveva denunciato



Nessuna violenza sessuale nel “bunker”. La prova non è stata raggiunta e un 22enne di origine marocchina, trapiantato a Fonzaso, è stato assolto con formula dubitativa dal Tribunale di Belluno, perché il fatto non sussiste. Dopo la denuncia presentata alla stazione dei carabinieri di Arsiè, il giovane era stato arrestato e messo per cinque mesi agli arresti domiciliari. In seguito la misura è stata ridimensionata nell’obbligo di firma. Comprensibili gli abbracci con gli amici e l’avvocato difensore trevigiano Gavioli, dopo la sentenza di primo grado, nell’atrio davanti all’aula al primo piano.

Il pubblico ministero Marcon aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato nei confronti delle due ragazze minorenni, ma nell’ipotesi di minore entità, chiedendo una condanna a un anno e due mesi. Mentre ci stava l’assoluzione per l’episodio più grave, quello della sera del 15 settembre 2017, prima nell’atrio davanti all’uscita posteriore di una casa popolare, che tutti i ragazzi chiamavano bunker e poi nel garage sottostante. La giovane donna si era presentata in caserma con una ferita al labbro inferiore, la cui causa sarebbe stata un morso.

Il caso è stato preso in mano dal Nucleo investigativo, che ha fatto un sopralluogo, sia nel bunker che nell’autorimessa, sequestrando un materasso. A distanza di tempo, si faranno consegnare felpa, giubbotto e leggings, gli indumenti che indossava quella notte. L’imputato ha sempre sostenuto la tesi del complotto nei suoi confronti e un testimone si è lasciato scappare di aver saputo da un amico dell’intenzione delle ragazze di girare un video, per incastrare chi le avrebbe toccate contro la loro volontà, anche se in realtà non ne sapeva niente di preciso.

L’avvocato Gavioli è andato oltre, prima di chiedere l’assoluzione con formula piena e solo in subordine dubitativa: a sentire la sua arringa, non c’era un solo elemento contro il suo assistito, tanto meno una prova. Esisteva una relazione sentimentale con l’unica maggiorenne e l’unico motivo che può aver spinto la ragazza a presentare la denuncia è la gelosia. Tra gli amici, c’è chi ha visto l’imputato e la donna abbracciati nel famoso bunker ed è stato invitato ad andarsene, per non guastare quel momento di relativa intimità. Anche un’altra delle giovani donne era stata vista in compagnia dell’imputato, pur avendo già un ragazzo.

La coppia è rimasta insieme per due o tre ore e, in tutto questo tempo, non c’è stato un solo lamento da parte della donna e nemmeno un’invocazione di aiuto. Niente di tutto questo, eppure lei manderà un messaggino WhatsApp sul cellulare del fratello: «Sono stata violentata». Dopo circa un’ora di camera di consiglio, il collegio formato dai giudici Coniglio, Feletto e Cittolin ha assolto per insufficienza di prove, perché il fatto non sussiste. —



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