«Non vogliamo privilegi o soldi solo non essere vittime dei tagli»

I dipendenti della banche di credito cooperativo manifestano coi sindacati davanti alla Cassa Rurale: «Cortina ci dà grande visibilità, e poi è Giacobbi che tratta per il rinnovo del CIR che ci viene negato»

CORTINA. Sono una trentina i rappresenti delle organizzazioni sindacali bancarie del Veneto che hanno manifestato davanti alla sede della Cassa Rurale e Artigiana di Cortina, in vista della disdetta del contratto integrativo regionale dei dipendenti delle banche di credito cooperativo. Dal 1° aprile, infatti, il contratto nazionale sarà disdettato unitamente alla contrattazione integrativa regionale (CIR), e i sindacati, dopo lo sciopero nazionale del 2 marzo, hanno deciso di ritrovarsi a Cortina per difendere il loro contratto di lavoro.

Bandiere, cartelloni di protesta; e c'era anche chi indossava la maglietta con scritto: "Giacobbi = vergogna". «Abbiamo scelto Cortina per la visibilità che ci può dare, ma anche perché la Cassa Rurale è quella di Giacomo Giacobbi, che è il presidente della commissione sindacale all'interno della Federazione veneta delle Casse Rurali, ed è colui che tratta con i sindacati per il contratto di lavoro integrativo regionale» spiega Giuseppe Bragagnolo, portavoce del sindacato autonomo Fabi. «Con questo presidio contestiamo la disdetta del contratto integrativo regionale, che ci fa tornare indietro di 50 anni. Non chiediamo aumenti di stipendio, ma almeno il prolungamento del CIR attuale fino al rinnovo del contratto nazionale».

Le banche di credito cooperativo, tuttavia, vanno riformate, in base a direttive europee, e bisogna intervenire anche sui contratti collettivi, poiché, in relazione ai dati forniti dallo stesso Giacobbi, le Casse Rurali, in controtendenza rispetto alle altre banche, dal 2008 al 2013 hanno incrementato il numero dei dipendenti dell'8,46%, ma sono incrementati anche i costi pro capite del 10,3%. Non è opportuno anche per i dipendenti fare un sacrificio per salvare le banche di Credito Cooperativo? «Riformare non vuol dire tagliare i costi del personale», risponde Bragagnolo, «iniziamo dall'alto, dai consigli d'amministrazione, tagliando il numero dei membri, nonché i gettoni di presenza. Noi siamo disposti a fare sacrifici: non chiediamo infatti aumenti o privilegi aggiuntivi, ma vogliamo difendere almeno quanto abbiamo acquisito fino ad ora, come ad esempio le nostre ferie. Lo sappiamo anche noi che questo è un momento difficile, ma i sacrifici devono essere fatti anche dall'alto».

Non si tratta di uno sciopero, ci tengono a sottolineare, ma di un presidio. «Lo sciopero è già stato fatto a livello nazionale il 2 marzo, con un'altissima partecipazione: il 90% di adesioni e il 95% di filiali chiuse», specifica Bragagnolo, «e da lì è partito il confronto per il contratto integrativo. Lunedì ci sarà un altro incontro tra le parti. Dopo tale confronto», conclude, potremo effettuare una valutazione e decidere o meno se fare uno sciopero regionale. Dipende se Federcasse cambierà idea».

Marina Menardi

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