Occhiali “Made in Segato”: a Belluno promossa la scuola dell’occhialeria

Hanno trovato tutti un impiego i primi diplomati in Tecnologia dell’occhiale. Lorraine Berton: «Fondamentale avere una solida preparazione di base»

BELLUNO. Le aziende chiedono lavoratori preparati. La scuola risponde attivando indirizzi specialistici e i risultati sono evidenti. Lavorano tutti, i ragazzi che a giugno dell’anno scorso si sono diplomati all’Itis Segato in Tecnologia dell’occhiale. Hanno trovato tutti un impiego in un territorio, quello bellunese, che ha fatto dell’occhiale il suo brand. In inglese, perché come suggerisce la presidente di Sipao Lorraine Berton, «è fondamentale conoscere molto bene una lingua straniera se si vuole lavorare in questo settore».

Lorraine Berton era presente ieri mattina alla presentazione dei prototipi realizzati da alcuni studenti dell’Iti, che insieme ai colleghi del Fermi di Pieve di Cadore hanno lavorato per un anno sul progetto “Made in Italy, un modello educativo”. Il bando è stato emanato dal ministero dell’Istruzione un anno e mezzo fa, con l’obiettivo di accompagnare gli alunni nella comprensione della tradizione italiana, ricercando le radici storiche, economiche, culturali e territoriali che fanno del Made in Italy un unicum al mondo.

In mostra gli occhiali dell’Iti Segato di Belluno

Nel Bellunese è stato naturale pensare immediatamente all’occhiale come marchio del territorio, e l’Iti ha partecipato al bando, vincendolo. Ieri sono stati presentati gli esiti del lavoro, che ha impegnato i docenti Maurizia Da Ronchi e Paolo De Pasqual, una trentina di studenti e i partner individuati dalla scuola per il progetto (Certottica e Confindustria) per un anno. Ne sono usciti dei prototipi innovativi, che i ragazzi hanno pensato, disegnato e realizzato, e che sono esposti in mostra all’interno dell’istituto.

Ma il loro percorso non finirà qui: la presidente di Sipao si è presa ieri l’impegno di accompagnare gli studenti alla Mido, la più importante mostra internazionale dell’occhialeria, il prossimo anno. «Il futuro delle nostre aziende passa attraverso di voi», ha spiegato Lorraine Berton dopo aver visto i lavori dei ragazzi. «Questo indirizzo scolastico deve essere solo il primo gradino di un percorso di formazione che mi auguro prosegua per questi ragazzi. Il Made in Italy appartiene a tutti, non solo alle grandi aziende».

Un invito per gli studenti, ma anche la consapevolezza che solo con una solida formazione di base ci si può costruire un futuro lavorativo. E in questo percorso deve rientrare l’inglese, perché «questi prototipi dovranno essere presentati anche a possibili clienti stranieri», ha aggiunto Berton. Che si è presa l’impegno di portare gli studenti al Mido, «perché l’associazione industriali è giusto si faccia carico della loro formazione. Vedere la Mido potrà essere un’occasione per capire quanto conta la preparazione in questo mondo».

Se un tempo le professionalità si formavano direttamente in azienda, «oggi è fondamentale un percorso formativo», ha concluso Lorraine Berton. «La scuola ha un ruolo molto importante nella formazione di questi ragazzi».

E esperienze come quella cui hanno potuto partecipare gli studenti dell’Iti danno quel valore aggiunto che tornerà sicuramente utile in futuro, come ha spiegato il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, Marco Limana.Ex alunno dell’Iti.

Al progetto hanno partecipato ventitré studenti dell’Iti e cinque dell’istituto Ottici di Pieve di Cadore. I ragazzi hanno lavorato in orario extracurricolare, per 240 ore. Certottica ha fornito alcuni docenti, le aziende bellunesi hanno dato alla scuola macchinari, materiali e attrezzature necessarie per realizzare i prototipi. È stata curata anche la comunicazione, perché si è voluto fare in modo che l’esperienza fosse completa.

«Il percorso fatto valorizza la nostra identità», ha spiegato il dirigente dell’Iti, Salvatore Russotto. Ed è stata un’esperienza formativa per tutti, compresi gli insegnanti, hanno aggiunto i docenti che hanno seguito il progetto. «Questo percorso ha azzerato le distanze fra mondi che hanno la necessità di lavorare in estrema sinergia», ha spiegato Maurizia Da Ronchi. «Il mondo della scuola, del lavoro e della produzione necessariamente devono interagire e non viaggiare su piani paralleli». Da oggi sono un po’ più vicini.

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