Occhiali rubati, molti finiscono nei negozi
QUERO VAS. Giuseppe Zanella, direttore dell’azienda Arlecchino, una delle tante che operano nel Basso feltrino nel settore occhialeria, ha avuto l’opportunità di vedere i filmati ripresi dalle telecamere degli impianti di videosorveglianza delle aziende prese di mira negli ultimi mesi dai ladri. E lui, addetto ai lavori di lungo corso, ha avuto la certezza di vedere all’opera gente esperta: «Una volta all’interno sono abilissimi. In venti muniti ti svuotano il magazzino e fanno tutto con una tranquillità impressionante. Fronteggiare la situazione non sarà facile, ma una risposta immediata è necessaria».
Zanella, assieme ad altri colleghi ha partecipato ieri mattina all’incontro organizzato in municipio su spinta dell’assessore alle attività produttive, Ketty Bavaresco, che opera pure lei nel settore dell’occhialeria. Presente pure il tecnico di un’azienda di sistemi d’allarme che ha già montato qualche impianto in zona: «La sensazione è che il peso finanziario sarà ancora una volta sulle spalle delle aziende. Uno preferirebbe investire in macchinari e tecnologia, ma così non si può andare avanti. Sembra quasi che chi tenta il colpo sappia già dove mettere le mani. Purtroppo senza un adeguato sistema d’allarme le polizze assicurative coprono fino a un certo punto, oppure i costi diventano tali da essere insostenibili».
La presidente di Sipao (diretta emanazione di Confindustria Belluno), Lorraine Berton, ieri ha acceso la miccia denunciando la sfacciataggine con cui le bande imperversano in zona togliendo tranquillità agli imprenditori e pure a quegli addetti che lavorano nel turno di notte. Oggi cerca di analizzare il fenomeno e le sue ricadute: «È solo la mia sensazione ma io non credo che la merce rubata finisca in un circuito parallelo dove il prodotto perde valore. Non avrebbe senso rubare per svendere il bottino. Secondo me la maggior parte, dopo chissà quali giri, torna sugli espositori dei negozi dove i clienti li pagano a prezzo pieno. Forse la parola più giusta per definire questo fenomeno è riciclaggio».
La presidente di Sipao prende le distanze da chi associa questi furti alla presenza di basisti all’interno delle aziende: «Non batterei troppo il tasto sui dipendenti infedeli. Credo che per ottenere le informazioni che servono a queste bande sia sufficiente presentarsi per un colloquio di lavoro oppure ottenendole in modo involontario da qualche lavoratore. Di sicuro al danno economico si aggiunge quello di immagine nei confronti dei committenti che quasi ci rinfacciano di non sapere proteggere la merce in modo adeguato».
Roberto Curto
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