Occupa una barella del Pronto soccorso di Belluno e sputa a un medico

BELLUNO. Che notte al Pronto soccorso. Mentre in Pediatria i bambini stavano aspettando la Befana, a qualche decina di metri e alcune scale di distanza si stavano passando momenti di preoccupazione e anche di paura. Un paziente, che stava benissimo non ne voleva sapere di andarsene e, per questo, è arrivato addirittura a sputare in faccia alla dottoressa del turno di notte. Pasquale De Rosa è a processo per interruzione di pubblico servizio e ingiuria, dopo che quel 6 gennaio c’era voluto l’intervento della polizia per farlo uscire dal reparto di emergenza, quando ormai erano le 3.34 del mattino. Questo l’orario scritto dagli agenti sul loro rapporto. Tutto era cominciato più di due ore prima.
Secondo una prima ricostruzione, De Rosa riteneva di avere assoluto bisogno di cure e, dopo essere stato visitato per due volte e successivamente dimesso, aveva continuato a rimanere nei locali, tenendo un atteggiamento definito «petulante, offensivo e minaccioso» nei confronti dei medici e degli infermieri. Siccome tutti stavano lavorando e nessuno gli dava molta retta, l’uomo ha cominciato a sdraiarsi diverse volte sulle barelle, con l’intenzione di mettersi a dormire, di fatto impedendo ai lavoratori di fare il proprio mestiere e obbligandoli a chiamare il 113, per fare in modo che tutto tornasse alla normalità.
Il medico di turno aveva cercato di convincerlo ad andarsene con le buone e, per tutta risposta, aveva ricevuto uno sputo sul viso, per di più di fronte a diverse persone, che saranno chiamate a testimoniare, durante il processo aperto ieri mattina.
De Rosa è difeso dall’avvocato Claudia Bettiol, mentre la dottoressa rimane parte offesa e non si è costituita parte civile. Il giudice Coniglio ha raccolto le liste dei testimoni del pubblico ministero Rossi e della difesa, prima di rinviare alle 9 del 20 novembre, quando toccherà al giudice onorario Berletti aprire il processo, partendo dal dato di fatto che l’ingiuria è stata depenalizzata e prevede al massimo il pagamento di una sanzione civile verso lo Stato. Ma c’è l’interruzione di pubblico servizio a prevedere una condanna fino a un anno di reclusione.
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