Offeso sui social, imprenditore si uccide

Aperta una inchiesta sulla morte dell'immobiliarista Ruzzarin che aveva presentato denunce per le accuse su Facebook

PADOVA. Facebook può uccidere? La “pressione” incontrollata (e incontrollabile) che la rete è in grado di scatenare, potrebbe spingere un essere umano al gesto più estremo? E convicerlo, quando la disperazione diventa ossessione, a saltare il limite del baratro dal quale il ritorno è negato? Interrogativo pesante al quale sta cercando di rispondere un’inchiesta avviata dal pubblico ministero padovano Daniela Randolo dopo la morte dell’imprenditore Bruno Ruzzarin.

Morte tragica. Morte per scelta. Morte per suicidio coltivato e messo a segno nel tardo pomeriggio di domenica quando, prima di cena, i familiari scoprono il corpo del congiunto che s’era legato un cappio al collo. Da mesi Bruno Ruzzarin, 60 anni, residente a Padova (nel quartiere di Altichiero) in via Beato Arnaldo da Limena, titolare di Edilveneta Srl, era bersaglio dei post pubblicati su due pagine Facebook: «Segnalazione truffe immobiliari», aperta il 17 febbraio scorso, e «Studio Ige srl-Servizi alle imprese e gestioni immobili», avviata all’inizio del 2016. «Abbiamo sottoscritto un preliminare debitamente registrato e trascritto in data 18 settembre 2014» si legge in un post, «la consegna dell’immobile doveva avvenire entro il 15 aprile 2015... per vari abusi edilizi e da ultimo una truffa da inadempimento non riusciamo ad utilizzare questo immobile. L'impresa è Edilveneta Srl di Padova, il legale rappresentante è Ruzzarin Bruno state attenti!!!!! Immobile già arredato da dicembre 2014. Abbiamo pagato all’80% e completamente arredato l’immobile all'ultimo piano». Sul suicidio, nessun dubbio tanto che, dopo l’esame esterno del corpo, la procura ha concesso il nullaosta per il funerale. Ma c’è lo sfogo dei familiari con la polizia su quelle “pressioni” ormai insostenibili che avrebbero sfiancato l’imprenditore. E ci sono quelle denunce per diffamazione online. Il fascicolo è stato acquisito dal pm Randolo che intende svolgere accertamenti perché la rete ha mietuto anche altre vittime, bersaglio di cyberbullismo. Da mesi Bruno Ruzzarin non si dava pace. Incapace di difendersi, aveva presentato una serie di denunce per diffamazione su Facebook. Denunce nate dalla “persecuzione” di cui riteneva di essere vittima, legata a un contenzioso sorto nell’ambito della vendita (da parte della sua società) di alcuni appartamenti a San Vito di Cadore nel Bellunese. L’inchiesta era nelle mani della Guardia di finanza: forse si aspettava che, da un giorno all’altro, quei “profili” che continuavano a marcarlo stretto fossero oscurati. Non era accaduto. Così il 27 marzo, accompagnato dalla moglie, si era recato nello studio di un avvocato per affidargli l’incarico di seguire il caso. E il legale aveva contatto le Fiamme Gialle per essere informato sullo stato del procedimento e l’assegnazione del fascicolo in procura.

Chissà cosa è passato per la testa di Bruno Ruzzarin. Domenica è a casa, sembra tranquillo. Tuttavia alle 12.46 invia il primo sms all’avvocato: «La signora mi ha detto che devo trovare un penalista... Mi devo preoccupare?». Il riferimento è a una delle persone che sarebbero sua controparte nell’operazione immobiliare di San Vito. Alle 16 altro sms: «Ti prego rispondimi», seguito alle 16.40 dalla “firma” «Sono Bruno» prima dell’ultimo sms alle 17.40: «Non mi rispondi... Non vedo vie d’uscita... Sto preparando il cappio spero di non aver fatto del male ai miei figli». Cala il silenzio. Il legale s’accorge dei messaggi solo in serata, ma quel recapito telefonico (che l’imprenditore avrebbe attivato solo da qualche giorno) non corrisponde ad alcun nominativo. E alle ripetute chiamate, non risponde nessuno. Né domenica sera, né lunedì e martedì. Solo ieri l’avvocato viene a sapere della tragedia.

Intanto i profili Facebook “sotto accusa” sono accessibili a chiunque. Profili che sembrano nati ad hoc per colpire l’imprenditore senza possibilità di identificare l’amministratore nonostante la pagina «Segnalazione truffe...» risulti creata «per segnalare e far conoscere le truffe e i truffatori». Eppure l’unica “truffa” di cui si fa menzione è legata sempre al nominativo del padovano. «28 febbraio alle ore 20.22», si legge in un post, «Abbiamo evidenziato nella nostra pagina la nostra situazione con questa impresa di Padova Edilveneta Srl preliminare sottoscritto a dicembre 2013 doveva essere consegnato a luglio 2014 ... dopo vari abusi edilizi ad oggi è al grezzo !!!!». E un altro post: «11 marzo alle ore 2.25 San Vito di Cadore. Ci scrivono e ci hanno inviato conversazione dove il Ruzzarin Bruno legale rappresentante di Edilveneta con sede in Padova continua a prendere in giro le persone con le quali ha sottoscritto i preliminari e si è impossessato dei loro denari... Attenti non versate denaro...».

Argomenti:suicidiosocial

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi