Oggi i funerali di Floriano Pra. «Caprile adesso è orfana»
ALLEGHE. «Con gli sci gli piaceva correre, ma nella corsa riusciva sempre a notare i particolari, quello che non andava, quello che bisognava fare».
In questo ritratto dell’amico e maestro di sci Guido Guadagnini c’è forse la metafora della vita di Floriano Pra, morto sabato a Caprile all’età di 82 anni.
I funerali si svolgeranno oggi alle 14.30 nella parrocchiale di Caprile. Una vita spesa di corsa tra l’albergo, le aule della politica, i cda delle associazioni turistiche e delle società impiantistiche. Ma in questa frenesia, Pra, così dicono alcuni dei suoi amici più stretti, sapeva fermarsi per godere di un paesaggio, di un bicchiere di vino, per dare consigli, per confessare i suoi pensieri intimi. Particolari di cui sapeva far tesoro per tutto il resto.
Un uomo come altri, in questo senso, ma che a furia di vederlo sotto i riflettori della cronaca risulta magari difficile da immaginare. Tifoso (non sfegatato) della Juventus. Cacciatore: all’attivo aveva 66 licenze di caccia, perché aveva iniziato a sedici anni con l’ok del padre Baldassarre. Gli piaceva anche giocare a carte.
«Che belle serate a giocare a burraco - ricorda infatti Antonio Spinetta, amico di Cornuda, con una casa a Caprile da 20 anni - era grintoso, lui voleva sempre giocare con mia moglie e contro la sua, Marisa».
Già, Marisa. La moglie che se ne è andata a fine anno. «Qualche settimana fa - ricorda Spinetta - stavamo camminando assieme come facevamo spesso. Era stanco. Non ce la faceva ad andare in salita, perciò ci facevamo portare in su in auto e poi scendevamo a piedi. Marisa stava male e Floriano mi disse: “Ho vissuto dei begli anni con Marisa. Cosa farò senza di lei?”».
Nelle camminate con Spinetta, Pra “sempre elegante” si apriva. «Parlavamo del gioco della sera prima - dice l’amico - e di tanti argomenti. Anche recentemente mi raccontava di quello che avrebbe voluto per Caprile ed Alleghe: le terme solforose («una grande intuizione presto realtà - dice Antonio Bettero dell'Università di Padova - un atto di amore estremo di Pra per la sua terra») e il centro servizi a Zunaia. Oppure mi consigliava gli investimenti da fare, che io puntualmente ascoltavo e mettevo in pratica con successo. Parlavamo dei viaggi, di quelli che avevamo fatto insieme e di quelli che ci sarebbe piaciuto fare. Valeva la pena stare in sua compagnia. Per gli 80 anni gli avevo regalato una bottiglia di Cognac 60 anni perché da 80 non l’avevo trovata. Qualche tempo fa mi aveva ricordato che dovevamo aprirla...».
Fra questi momenti Spinetta ne ricorda uno in particolare. «Amava invitarci assieme ad altri amici - dice - alla sua baita. Si saliva in auto, poi si proseguiva a piedi. Quando si arrivava, prima di mangiare, lui diceva sempre la Preghiera alle montagne, in cui ringraziava il Cielo per il Civetta e per tutto ciò che ci circondava».
Un paesaggio che aveva avuto l’intuizione di trasformare per dare vita alla stagione turistica invernale da affiancare a quella estiva. «Lo conobbi nel 1971 - dice Guido Guadagnini - ricordo quando mi espose il suo progetto e le fasi in cui lo concretizzammo. Era una persona con una grande visione e con un grande coraggio. Si chiedeva: "Perché questa cosa non si fa così?" e percorreva una strada: dalle piccole alle grandi cose, questo mi ha insegnato».
Guadagnini evidenzia come Pra si accorgesse di tutto, riuscisse a vedere il bisogno di un cartello, la necessità di una barriera in più. E questo nonostante fosse oberato dagli impegni politici. «Dietro un modo semplice di esprimersi - dice la cugina Annamaria Tiezza - c’era un carisma incredibile: oggi Caprile è orfana».
«Non ha mai chiuso la porta a nessuno - evidenzia infatti Guadagnini - c’era un vecchietto di Alleghe che gli portava sempre i funghi. Un giorno Pra gli ha detto: «Devi farmi un piacere: devi trovare degli alberi adatti da piantare lungo la riva del Cordevole fino a Santa Maria perché è vuota». E il vecchietto ha provveduto e ora le piante sono lì da vedere.
«Ecco - continua Guadagnini - voleva che tutti si impegnassero per il territorio, che tutti cercassero di dare piacere all’ospite che arrivava. C’era chi lo criticava, ma poi doveva riconoscere la sua grandezza. Mi resta l'ultimo ricordo: due settimane fa all’enoteca. Gli chiesi se potevo offrirgli qualcosa. Chiaramente sapeva delle sue condizioni di salute, ma mi disse: "Ok, un bianco di quello buono"».
Per un ultimo brindisi a quella vita veloce e feconda.
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