Omicidio Corazzin: morto uno dei sei indagati
Caso Corazzin: uno dei sei indagati sarebbe morto. Giampiero Parboni Arquati risulta deceduto in Svizzera dove aveva vissuto negli ultimi anni. Ovviamente non gli è stato notificato l’avviso dell’udienza prevista per ieri mattina, di fronte al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Perugia, Lidia Brutti. Ma non c’è nemmeno un certificato di morte dell’uomo, uno dei sospettati di rapimento, violenza sessuale e uccisione della 17enne friulana in vacanza a Pieve di Cadore. Il giudice non poteva sentenziare un non luogo a procedere per morte del presunto reo e quindi è arrivato un inevitabile rinvio al 5 luglio: nel frattempo sono state disposte nuove ricerche, in maniera da avere la certezza necessaria a deliberare. Nel giorno in cui si doveva decidere se archiviare per sempre l’inchiesta sui fatti dell’estate 1975, oppure disporre nuove indagini o ancora ordinare l’imputazione coatta, non era presente in aula l’indagato principe Angelo Izzo, il «mostro del Circeo». L’uomo è rimasto nel carcere laziale di Velletri, dove sta scontando due ergastoli per altrettanti omicidi più recenti.
L’avvocato di fiducia Rolando Iorio del foro di Avellino si è fatto portavoce del suo malcontento, chiedendo la traduzione in aula per la prossima udienza, quella che dovrà essere decisiva, in un senso o nell’altro. Gli altri indagati in vita sono Giovanni Guidi, Enrico e Fabio Annoscia e Serafino Di Luia.
Ci sarebbero degli altri sospettati di aver partecipato al sequestro di persona di Tai di Cadore e alle violenze e all’omicidio nella villa sul lago Trasimeno di Francesco Narducci, ma sono a loro volta deceduti, a cominciare proprio dal padrone di casa, che in qualche maniera risultava collegato ai delitti del «mostro di Firenze».
La Procura ha chiesto l’archiviazione del caso, dopo le dichiarazioni di Izzo ai magistrati bellunesi, ma la zia di Rossella Corazzin, Giuseppina Trevisan ha presentato opposizione con il legale di fiducia Antonio Maria La Scala, forte anche di una petizione con più di duemila firme raccolte a San Vito al Tagliamento, il paese d’origine della ragazza. Dopo essere stata prelevata in un bosco di Tai, perché vergine e cicciottella, Corazzin fu portata prima in un casale di Riccione e poi nel Perugino, dove è stata violentata e uccisa, durante e dopo una sorta di rito satanico. La ragazza venne vestita di una tunica, mentre gli uomini indossavano delle insegne cavalleresche. Fatto un giuramento di sangue, i presenti l’avrebbero stuprata a turno e poi uccisa.
«Facemmo come al Circeo» ha confessato Angelo Izzo ai magistrati, prendendo come riferimento l’uccisione di Rosaria Lopez dopo atroci sevizie (Donatella Colasanti si salvò, fingendosi morta), ma i magistrati non gli credevano, almeno fino a poco tempo fa. Qualcosa dev’essere cambiato, se è vero che non viene data per remota la possibilità che scatti l’imputazione coatta. Soprattutto dopo che l’opinione pubblica si è mossa con le firme. —
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