Operaio folgorato sul tetto della chiesa / FOTO

Un 42enne trevigiano di Farra di Soligo perde la vita toccando un cavo elettrico scoperto dopo essere scivolato tra le tegole

MEL. L’orologio segna le 11.48. Le grandi lancette nere sono come inchiodate sul campanile della chiesa di San Nicolò di Villa di Villa. La frazione sulla collina sopra Mel, in Sinistra Piave. Via la luce, insieme alla vita di Loris De Faveri, il 42enne operaio di Farra di Soligo, che è morto, mentre stava rifacendo il tetto della navata destra dell’edificio sacro. «Pazzesco» è l’aggettivo che rimbalza di cuore in cuore, tra il capocantiere e i colleghi di lavoro. L’uomo sarebbe rimasto folgorato, toccando inavvertitamente un cavo elettrico scoperto, dopo essere scivolato o aver avuto un malore: questo saranno gli esami medici a chiarirlo. De Faveri lavorava per la Edilgroup, l’impresa di Barbisano di Pieve di Soligo, che da mesi si stava prendendo cura della struttura, in subappalto della Lorenzon costruzioni. L’intervento aveva già interessato la copertura della navata centrale e stava ormai per essere portato a termine. Prima dell’autunno.

Una giornata di lavoro sotto il sole non più caldissimo di fine settembre, come chissà quante altre, tra le tegole fresche di fornace e le impalcature Altedil ponteggi Istrana fasciate di una pellicola bianca. È mattina, ma in chiesa si stanno celebrando i funerali di un parrocchiano di nome Elvo Scarton: a Villa di Villa, si usa così. I fedeli si accorgono che ci sono i soliti problemi all’impianto elettrico, perché la luce va e viene, ma nessuno può sospettare che stia per capitare una tragedia. La tranquillità della mattinata viene lacerata da un urlo e un tonfo sordo. De Faveri sta operando ai piani alti delle impalcature, quando o perde l’equilibrio o si sente male e la sua vita finisce con una scossa elettrica fatale. C’è un filo, che esce dal caseggiato accanto e s’infila tra i ponteggi, ma può anche non essere solo colpa sua. I colleghi di lavoro si accorgono immediatamente di quello che è successo. Lacrime e mani nei capelli.

Disperazione, perché De Faveri è un amico e ha soltanto 42 anni: bisogna avvertire la famiglia e non è che le comunicazioni siano semplicissime, in quella zona di Villa di Villa, alla quale hanno strappato anche l’unica cabina telefonica. Il suo corpo rimane lì, ad almeno cinque metri da terra. Protetto dagli sguardi da questi teli bianchi. Parte una chiamata al Suem 118, che fa intervenire anche il personale dell’Usl di Feltre, i carabinieri di Mel, i vigili del fuoco e lo Spisal. Il caschetto bianco in testa e partono le indagini, coordinate dal maresciallo dell’Arma, Cosimo Fanigliulo e da due ispettrici del Servizio prevenzione, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono le 13.30, quando i pompieri possono recuperare la salma. Un’autoscala si arrampica lungo il muro laterale con a bordo due uomini con il telo e la lettiga. Nel frattempo, il carro funebre della Gelisio è arrivato nel piccolo piazzale e sarà lui a caricare il corpo di De Faveri, per portarlo all’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre, dove è a disposizione dell’autorità giudiziaria, rappresentata dal sostituto procuratore di turno Simone Marcon.

Che c’entri qualcosa l’energia elettrica diventa scontato quando in piazzetta San Nicolò si vedono comparire anche i tecnici dell’Enel. Appena scesi dal furgoncino, salgono sulla loro scala, per raggiungere proprio quel cavo elettrico, a cavallo del quale sarebbe stato trovato De Faveri, dall’altra parte della strada. Pochi metri di distanza. Si fanno tutte le verifiche necessarie, intanto quell’orologio è sempre fermo sulle quelle maledette 11.48. Devono raggiungere quella chiesetta con accanto il monumento ai caduti delle guerre i rappresentanti della Edilgroup, gli ultimi a essere sentiti dagli inquirenti. La famiglia non è ancora stata avvertita, forse non si trova. Se n’è andato Loris De Faveri, faceva l’operaio e aveva solo 42 anni. È morto lontano da casa, mentre stava portando a termine il suo lavoro.

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