Ospedale di comunità, presto si aprirà ad Agordo
BELLUNO. L’Usl 1 potenzia l’attività territoriale e annuncia che entro l’anno saranno attivati dei posti letto ad Agordo per l’ospedale di comunità.
La notizia arriva a una settimana di distanza dall’incontro avvenuto tra il presidente della Conferenza dei sindaci Jacopo Massaro e i sindacati dei pensionati provinciali dove si è discusso oltre al futuro delle aggregazioni funzionali territoriali dei medici di base, anche della mancata attivazione proprio degli ospedali di comunità. Una attivazione che era contenuta nel Piano socio sanitario regionale che sta per scadere e per questo i pensionati avevano sollecitato l’azienda sanitaria a dare seguito a quanto previsto.
«Nel nostro territorio esiste ed è attiva da tempo la struttura di Auronzo con 25 letto», precisa il direttore generale Pietro Paolo Faronato. «Entro l'anno attiveremo alcuni posti dell’ospedale di comunità ad Agordo». Quanti siano i letti ancora non si sa, anche se «la programmazione ne prevederebbe 20», precisa Faronato che pensa, come avvio, a una decina di posti.
L'ospedale di comunità è una struttura di transizione tra l'ospedale per acuti (cioè tipo il san Martino o quello di Agordo e Pieve) e le strutture territoriali quali il domicilio del paziente e le case di riposo. «È rivolto», spiega il dg, «alle persone che non hanno bisogno di cure ospedaliere, ma che ancora non sono in condizioni di andare a casa perché hanno dei problemi, e che quindi trovano nell'ospedale di comunità una struttura intermedia».
Intanto, il direttore generale anticipa anche che entro l’anno, «almeno queste sono le nostre intenzioni», dice, «vorremmo anche aprire l'unità riabilitativa territoriale nell’ospedale di Belluno. Si tratta di una sorta di ospedale di comunità ma soltanto per la riabilitazione. L’idea è quella di attivare qualche posto a questo scopo». Faronato precisa, infine, che per questa operazione «non saranno richiesti posti letto in più, ma ridistribuiremo quelli che già ci sono. La politica non è quella di ridurre o far sparire i posti letto, ma di trasformarli in base alle mutate esigenze del territorio e della popolazione».
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