«Ostetricia, troppi pochi parti»

Pieve. Il dg Compostella sulla possibile chiusura: «Proveremo a salvarla, ma dipenderà dalla Regione»
Nel Reparto di ottorino laringoiatria del dottor Roberto Bianchini viene presentato il nuovo laser. Antonio Compostella
Nel Reparto di ottorino laringoiatria del dottor Roberto Bianchini viene presentato il nuovo laser. Antonio Compostella

PIEVE DI CADORE. Di parti all’anno ne vengono eseguiti un centinaio: l’anno scorso sono stati per la precisione 160. E quindi è a rischio chiusura.

Si prospettano giorni difficili per il reparto di ostetricia di Pieve di Cadore. Le linee guida nazionali, infatti, in materia, prevedono che i punti nascita al di sotto dei 1000 parti devono essere chiusi. E della stessa idea pare essere anche la Regione Veneto che, alla ricerca di risparmi, sta pensando di far rientrare nel piano socio sanitario anche questo taglio.

«È difficile dire cosa succederà», precisa Antonio Compostella, direttore generale dell’Usl n. 1. «È un tema uscito diverse volte e che è presente nelle indicazioni operative del ministero della Salute. L’ultima parola spetta alla Regione, che dovrà decidere se introdurre o meno il reparto nelle schede ospedaliere. I 160 parti all’anno di Pieve di Cadore sicuramente si commentano da soli, anche in un’ottica di sicurezza e di competenza professionale che dobbiamo garantire comunque a tutte le nostre strutture. Su questo fronte ci siamo già mossi tramite uno scambio di personale tra gli ospedali di Belluno e Pieve».

Ma il dg Compostella, seppur scettico che il reparto di ostetricia del Cadore possa resistere all’assalto dei tagli qualora Venezia decidesse di procedere a sopprimere quelli con meno di 1000 parti, non si arrende e annuncia che ha già pronto un piano alternativo per cercare di salvare il salvabile. Una sorta di ultima ratio, oltre la quale non c’è nulla. «Vogliamo inserirlo nel dipartimento materno-infantile di Belluno, facendo perno anche sulle difficoltà del territorio, sulle sue peculiarità di mobilità. Il piano prevede che Belluno e Pieve siano due pezzi di un’unica realtà materno-infantile. Sono conscio, però, nonostante i nostri sforzi, che questa soluzione possa non essere accettata».

Neanche Belluno però raggiunge i 1000 parti all’anno. «Siamo sui 700, ma il trend è in crescita e si sta recuperando il gap», dice il dg.

Se dovesse saltare, però, il reparto, la direzione strategica dell’Usl è pronta a sostituire questo servizio con una rete ambulatoriale e consultoriale capillare sul territorio del Cadore. «Le mamme non resteranno senza un punto di riferimento, una risposta la troveranno, anche se diversa da prima», promette Compostella. «Potranno essere seguite per tutto il percorso, mentre l’epilogo finale, si dovrà essere consci, che avverrà in un’altra struttura cioè Belluno».

«All’interno dell’ottica organizzativa dovremo ripensare anche la rete di emergenza-urgenza per poter garantire l’assistenza al massimo. Siamo in mano alla Regione».

Paola Dall’Anese

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi