Padrin: la Regione continui a sostenere la Fondazione Vajont
LONGARONE. Amarezza, a Longarone, per la chiusura del Centro regionale di formazione della Protezione civile. Amarezza, ma non recriminazione. Lo ammettono sia il sindaco Roberto Padrin che Renato Migotti, dell’associazione dei superstiti.
In realtà ai piedi della diga si era materializzato soltanto un embrione del centro. «Il suo decollo era stato molto decantato ai tempi in cui la tragedia era sulla bocca di tutti e a Longarone c’era l’orgoglio di aver dato sostanzialmente i natali alla protezione civile», ricorda Migotti.
Negli anni, tuttavia, si è creata la necessità di trasferire l’attività a Mestre, per centralizzare le attività di formazione, arrivando i volontari da tutta la regione. «Capiamo i motivi del trasferimento, l’importante», aggiunge il sindaco Roberto Padrin, «è che la Regione, come le altre istituzioni, continuino a sostenere la Fondazione Vajont, che è il motore della memoria e delle iniziative che continuano ad animarla».
Del Centro il Comune era il socio d’onore, accanto ad altri enti, le Province in particolare. La chiusura dell’attività, d’altra parte, non è piovuta dall’alto come fa sapere l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. «L’opzione di chiudere il centro l’ho condivisa col sindaco di Longarone. Impossibile sostenerne i costi. Anche per l’impossibilità delle Province di versare le quote per mancanza di disponibilità finanziarie (buona parte non avevano versato la quota già nel 2015, nessuna quella del 2016). Non solo», precisa Bottacin, «le verifiche regionali hanno sollevato dubbi sulla correttezza della gestione delle risorse pubbliche del centro». Dubbi avvalorati anche dall’intervento della Guardia di finanza su alcune partite, come l’acquisto del programma Rfid.
Se il centro formalmente si chiude, l’attività formativa, invece, viene rilanciata, sotto la guida del nuovo dirigente regionale Porcellato, che sarà a capo di un’apposita unità organizzativa.
I programmi di formazione saranno anche diversificati, ad esempio con insegnamenti specifici per i volontari del Bellunese che saranno preparati a svolgere compiti particolari, come l’intervento a seguito delle nevicate abbondanti, che richiede ad esempio un supplemento di perizia nell'operare sui tetti.
«Ciò che risparmiamo nella chiusura del centro, 150 mila euro di gestione, lo reinvestiamo nei programmi di formazione», assicura Bottacin. Programmi che verranno ampliati. Non solo. I formatori che operavano al Centro saranno inseriti in un albo regionale per una maggiore trasparenza.
E quanto al personale che beneficiava di contratti di natura privatistica, Bottacin conferma che «le loro posizioni non possono certamente assumere forma pubblica, se non attraverso le procedure concorsuali previste per legge. Se», conclude l’assessore veneto, «invece, risultassero ulteriori irregolarità anche sull’origine della loro assunzione, gli amministratori che hanno proceduto alla formalizzazione di tali assunzioni ne dovranno rispondere, sia per gli eventuali aspetti economici che penali».
Francesco Dal Mas
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