Paradisi, la frana è avanzata di 50 metri
PONTE NELLE ALPI. La frana ha come preso la rincorsa. E si è fatta un salto in avanti di una cinquantina di metri. La borgata Paradisi-Cassani, sopra l’ultima frazione pontalpina di Arsiè è sempre più sola. Sotto quel ponticello già dichirato pericolante, che però ricade nel territorio di Pieve d’Alpago un’enorme massa di terra e pietre ancora difficile da quantificare in metri cubi si è portata via una briglia di sassi lungo il torrentello e un muretto. E non si ferma più, spinta anche dalle piogge degli ultimi mesi. Il sopralluogo dei vigili del fuoco di Belluno di giovedì ha aggiunto altri particolari allarmanti a quelli che già si sapevano. I primi a conoscerli erano le famiglie Barzan e Nassi, che adesso si sentono ancora più sole. Protestano da settimane, ma non si sentono per niente ascoltate e, intanto, parcheggiano le macchine sempre più lontane da casa.
Ma l’altro giorno si è arrabbiato anche il sindaco Paolo Vendramini: «Vi pare possibile che debba essere io a chiamare i pompieri, mentre né la Regione Veneto né i Servizi forestali fanno finalmente quello che bisognerebbe fare? Meno male che ho telefonato al 115, chiedendo l’intervento dei vigili, perché altrimenti sarei ancora lì ad aspettare non so bene cosa. Il quadro che abbiamo avuto è davvero molto preoccupante e bisogna assolutamente intervenire al più presto, se vogliano evitare dei guai peggiori».
La politica dei piccoli passi non fa per questa frana. Il terreno è già instabile e l’acqua piovana lavora come uno scivolo: «Fino a qualche tempo fa, i paletti di segnalazione si muoveranno di pochi centimetri», riprende un sempre più preoccupato Vendramini, «negli ultimi tempi, c’è stata un’accelerazione e lo spostamento è stato complessivamente di una cinquantina di metri, con dei danni che prima potevamo soltanto immaginare, ma adesso sono diventati evidenti, anche se francamente dalla strada non si vede molto, in mezzo a quella boscaglia. Chi c’è stato, racconta che la situazione è da tenere il più possibile sotto controllo. Bisognava per forza muoversi, anche per evitare conseguenze ancora più pesanti per il nostro territorio e, nello specifico, per quelle famiglie che fortunatamente non vivono sulla frana, ma devono per forza conviverci ogni giorno».
La chiamata al 115 è stata l’ultima mossa, prima della disperazione: «Ho contato 27 controlli ufficiali e ci sono state anche due riunioni della conferenza dei servizi. Ne abbiamo parlato tanto e possiamo quasi dire di essere sommersi dalle carte dei verbali di questi incontri, ma non abbiamo i segnali e le iniziative che vorremmo da parte della Regione e, in subordine, dei Servizi forestali. Siamo preoccupati, anche perché la portata d’acqua del torrente non è eccezionale, ma può sempre crearsi l’effetto diga e il discorso può diventare ancora meno sicuro. Io e il mio collega di Pieve, Umberto Soccal stiamo aspettando risposte e avevamo anche in mente di calare a Venezia, per farci sentire ancora di più. Adesso che abbiamo la benedizione dei vigili, ci auguriamo che qualcosa si muova il prima possibile. Non possiamo più aspettare, visto quello che succede lassù».
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