Parolin benedice il santuario di Wojtyla
LORENZAGO. Il sole tramonta dietro il Pian dei Buoi, sopra Lozzo, illuminando i resti dei forti della grande guerra. Lassù si recò anche papa Wojtyla a pregare e a ricordare l’inutile strage, come la definì Benedetto XV.
Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, scruta quei forti tra gli alti abeti e larici, le colonne del singolare “santuario all’aperto”, che lo stesso porporato sta per benedire. «Lo spettacolo di morte che ancora una volta abbiamo toccato con mano svolgendo il nostro sguardo orante sulle diverse situazioni di conflitto in cui il mondo ci coinvolge, ci invita a compiere ogni sforzo perché vinca la pace». Pesa ogni parola il più stretto collaboratore di papa Francesco. «In nome e per intercessione di Giovanni Paolo II noi vogliamo questa sera pregare per la pace nel mondo e soprattutto per le situazioni di maggior lacerazione e conflitto».
Siamo a Lorenzago, per sette volte trasformatasi, tra gli anni ’80 e ’90 nella Castelgandolfo del Cadore; sei i soggiorni di Giovanni Paolo II, uno di Benedetto XVI. La Regione Veneto, attraverso i Servizi forestali, ha trasformato una piccola conca, alle spalle della casa alpina delle vacanze pontificie, in una basilica naturale, con tanto di altare, ambone, cattedra, gradoni in legno. Domina una gigantografia di San Karol e un capitello in legno custodisce la statua della Madonna presso la quale Ratzinger sostava in preghiera. La preghiera, appunto. Sarà sufficiente per vincere la guerra, anzi le guerre, oppure ci vuole anche la forza? E quale forza? Quella dei bombardamenti? Ovviamente no. Né per papa Francesco, che in questo ha ripreso Wojtyla, né per il suo ministro degli esteri, Parolin. «Giovanni Paolo II ha lavorato indefessamente per la pace nel mondo con la sua parola, la sua azione e i suoi viaggi. Quindi nel ricordo di lui ci uniremo tutti insieme in questa preghiera per un mondo che ha estremo bisogno di pace», si è limitato a rispondere al cronista, il cardinale, appena giunto a Lorenzago.
Ma quando abbiamo insistito ricordandogli che purtroppo Wojtyla non è stato ascoltato nel suo accorato appello contro la guerra nel Golfo, e che papa Francesco rischia altrettanto, Parolin ci ha subito rassicurato: «Noi i tempi di Dio non li conosciamo, ma sappiamo che la preghiera ha sempre una grande efficacia, e quindi la preghiera troverà i mezzi per convertire i cuori degli uomini e aiutarli a trovare la pace fra di loro e nelle loro comunità». Più di 1500 i veneti che sono saliti ai piedi del monte Cridola per onorare San Karol. È ovvio che tutti avevano un’unica domanda da porgere a Parolin, arrivato accompagnando la mamma, che in questi giorni l’ha accolto a casa, a Schiavon nel Vicentino, per alcuni giorni di riposo dopo il viaggio in Corea. Riuscirà il segretario di Stato d’origine veneta a convincere il suo principale, Francesco appunto, a venire in Cadore per un riposo molto spartano? «Non credo che ci vogliano molti argomenti – ci ha risposto a specifica domanda – Questo è un posto così bello che credo piacerebbe anche a papa Francesco; comunque quando tornerò a casa proverò a dirglielo».
Incontrando i sindaci e altri esponenti politici al termine della cerimonia, su quel prato verde della villetta del seminario di Treviso che Wojtyla calpestava a piedi nudi per assaporare la rugiada della sera, Parolin ha significativamente aggiunto: «Lo so, tutti vogliono papa Francesco qui in vacanza. Speriamo che possa venire». «È un sogno che non oso nemmeno esternare», ha subito chiosato il sindaco Mario Tremonti. Lo stesso del predecessore, Nizzardo Tremonti, che nella sua casa ha esposto ieri la bandiera bianco-gialla del Vaticano, come hanno fatto tanti a Lorenzago, trattenendo nel cassetto il tricolore. Scrosciante, in ogni caso, l’applauso per il cardinale quando, nella messa concelebrata con i vescovi Gardin di Treviso, Andrich di Belluno-Feltre, Pizziol di Vicenza e Roche del Vaticano, ha riferito: «Papa Francesco mi ha raccomandato di salutarvi e di chiedervi di pregare per lui».
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