Patronati, boom di firme raccolte
BELLUNO. Più di mille firme raccolte ieri tra Belluno e Feltre per far giungere a Roma l’appello che i patronati vanno salvati perché svolgono un ruolo sociale. Sono 6000 complessivamente i cittadini che hanno sottoscritto l’appello dal 29 ottobre ad oggi in provincia. Al gazebo dei patronati Inca Cgil, Inas Cisl, Ital Uil e Acli ieri in piazza dei Martiri, la gente non si è tirata indietro per sposare la causa. «Ci stanno tagliando tutto, non è possibile che ci tolgano una cosa indispensabile», ha detto qualcuno.
«Se approvata così com'è, la sottrazione delle risorse al Fondo», ribadiscono con forza i responsabili di Inca Cgil, Inas Cisl, Ital Uil e Acli, «si tradurrebbe in un'altra tassa occulta ai danni delle persone socialmente più deboli costrette, dietro pagamento, a rivolgersi al mercato selvaggio di sedicenti consulenti, che operano senza alcun controllo e senza regole. Infatti, mentre i lavoratori e le lavoratrici dipendenti continueranno a pagare integralmente i contributi previdenziali all'Inps, lo Stato incamererà la quota oggi destinata alla tutela gratuita per destinarla ad altri scopi non precisati. Il Governo, quindi, finirà per appropriarsi di soldi che sono dei lavoratori senza specificarne l'utilizzo. Una beffa», concludono i patronati, «a cui si aggiunge un danno economico serio che aggraverà le già precarie condizioni di coloro che pagano con la disoccupazione e la povertà le conseguenze di una crisi gravissima».
«Qui la gente viene a firmare spontaneamente. Se questa manovra andasse in porto», continua Bertato, «ci troveremmo costretti a tagliare le sedi periferiche e a ridurre il personale, avviando dei contratti di solidarietà. E l’eventuale riduzione degli uffici costringerebbe molti cittadini a rivolgersi ad enti privati che sicuramente hanno costi più elevati», ha detto Michele Bertato, direttore del patronato Acli.
Sulla stessa lunghezza d’onda Rudy Roffarè, responsabile dei servizi per la Cisl. «Noi vogliamo che la pubblica amministrazione funzioni, ma non possiamo farlo riducendo personale, servizi e anche le aperture al pubblico». (p.d.a.)
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