Pedavena, furto di orologi da 130 mila euro
Il racconto della vittima: «Avevamo parcheggiato in modo da tenere sott'occhio le auto. Ma hanno rubato lo stesso le valigette»
PEDAVENA. «Quando arrivai, assieme al nostro rappresentante, alla birreria Pedavena, parcheggiammo le nostre automobili in modo da poterle tenere sott'occhio dal tavolo dove ci eravamo sistemati. Solo quando tornammo alle macchine ci accorgemmo del furto delle valigette che contenevano venti orologi del valore complessivo di 130 mila euro». Niccolò Lattuada, un gioielliere milanese, che l'11 giugno del 2009 fu derubato di due valigette contenenti il prezioso campionario di orologi, è stato il primo testimone ad essere sentito, ieri mattina, dal giudice Antonella Coniglio, nel processo che vede due nomadi, Manolo Hudorovic, 31 anni, e Saimo Hudorovic, 30 (difeso dall'avvocato Matteo Vicoli), alla sbarra per furto perché ritenuti i presunti autori di quel colpo. Il gioielliere lombardo ha raccontato come quel giorno partì da casa, facendo diverse tappe assieme ad un altro rappresentante, a Verona e Trento, prima di fermarsi per pranzare alla Birreria Pedavena.
«È incredibile», ha spiegato in aula, «come i ladri abbiano potuto colpire senza far scattare l'allarme dell'auto. Sono riusciti a sfilare le valigette, spaccando il vetro posteriore del lato passeggeri, l'unico punto dell'auto che non potevo vedere da dove ero seduto. L'allarme dell'auto, inoltre, non è scattato perché i ladri non hanno aperto la portiera per rubare le valigette ma le hanno sfilate attraverso il finestrino rotto». Tra i testimoni sentiti ieri c'era anche un altro agente di commercio che aveva visitato il gioielliere di Trento poco dopo il collega milanese derubato. «Quel giorno arrivai nella gioielleria di Trento, notando che al bar di fronte c'erano quattro persone, probabilmente nomadi, che m'insospettirono. E lo dissi al proprietario della gioielleria. Quando uscii, però, non c'erano più. Qualche giorno dopo fu lui stesso a dirmi che il gioielliere milanese era stato derubato. Ma quando la polizia, sei mesi dopo il fatto, mi chiamò per un riconoscimento fotografico, non me la sentii di incolpare qualcuno. Era passato troppo tempo». Il sospetto è che il gioiellerie lombardo fosse stato seguito dai ladri. Il processo è stato rinviato al 20 febbraio per sentire gli agenti che hanno identificato negli imputati gli autori del furto.
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