Investì la sacrestana a Murle, l’autista patteggia undici mesi

L’uomo era alla guida di un furgone e stava procedendo a una velocità normale. Ombretta Boselli, la 73enne collaboratrice di don Alberto Ganz, morì in ospedale

Gigi Sosso
La sacrestana Ombretta Boselli
La sacrestana Ombretta Boselli

Investì mortalmente la sacrestana di Pedavena. Il conducente del furgone aziendale L.V. ha patteggiato undici mesi di reclusione per l’omicidio stradale di Ombretta Boselli, mentre la 73enne originaria della provincia di Padova e feltrina d’adozione stava camminando da Murle verso la chiesa di Pedavena.

Il difensore di fiducia Davide Fent aveva concordato la pena con la procura della Repubblica e giovedì mattina, 19 dicembre, il patteggiamento è stato applicato dal giudice per le udienze preliminari Enrica Marson.

L’uomo era presente nell’auletta al terzo piano del palazzo di giustizia e aveva già ricevuto il perdono da parte della comunità pedavenese, nel giorno del funerale della principale collaboratrice di don Alberto Ganz.

La sera dell’8 novembre l’imputato stava procedendo a una velocità consona al contesto del centro abitato; non era intento a telefonare o mandare messaggini, né sms né whatsapp; non aveva bevuto alcolici o preso farmaci psicotropi e aveva accanto il figlio di sei anni. A maggior ragione la sua condotta di guida era prudente.

Quella in cui è avvenuto l’incidente è una zona con scarsa illuminazione pubblica, per di più diluviava e la visibilità risultata abbastanza compromessa. Il 41enne paesano della vittima non ha proprio visto l’anziana volontaria e così non è riuscito a evitare l’impatto.

La donna si trovava in gravissime condizioni quando i sanitari del 118 l’avevano trasportata all’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre. Non era stato possibile trasferirla al Ca’ Foncello di Treviso e già la mattina dopo era cominciata la procedura di osservazione per la dichiarazione della morte cerebrale. È lunga sei ore per i pazienti adulti, ma a quel punto non c’erano più speranze di salvezza e si trattava soltanto di aspettare. Il politrauma riportato era irrisolvibile.

Il suo involontario investitore, che si era fermato e aveva chiamato il Suem con il suo telefonino, era distrutto dal dolore e anche giovedì mattina ha detto, fuori dall’aula, di non essersi purtroppo accorto di lei e di non aver potuto scongiurare uno schianto dalle conseguenze irrimediabili. In seguito, aveva incontrato i familiari della vittima, a cominciare dal marito Germano Zimbetti, anche lui impegnato in parrocchia, e le parti si erano reciprocamente confortate.

Le circostanze dell’incidente hanno permesso alla difesa di patteggiare la pena di undici mesi di reclusione, naturalmente con la sospensione condizionale. Con il rito ordinario si va da due a sette anni.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi