Per due anni vicini all’asilo i botti sequestrati a Sedico
Fuochi d’artificio in garage. Stavano meglio nell’autorimessa dell’imputato Andrea Pagano o, dopo il sequestro, stoccati per due anni in un container metallico parcheggiato in un piazzale, vicino all’asilo nido di Sedico? Perché c’è stato davvero il rischio di un’esplosione, potenzialmente molto pericolosa, visto il contesto estremamente delicato. Senza sottovalutare un altro aspetto: non si sa che fine abbia fatto un plico contenente un gioco pirico, che è stato prelevato e portato al Racis, il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche.
Si è preoccupato di capirci di più anche il giudice Berletti, prima di rinviare il processo a maggio per sentire l’ultimo testimone, che inizialmente non era nella lista delle parti in causa, prima di pasare alla discussione finale e alla sentenza. C’è bisogno di sentirlo, a maggior ragione dopo che quello che ha detto il militare sentito ieri. Ne hanno la necessità anche il pubblico ministero Pesco e il difensore Pessi di Padova. Nel frattempo vale la pena di tornare indietro fino all’inizio della storia. Pagano gestiva un locale pubblico e, in un certo periodo, gli affari non devono essergli andati bene, se è vero che gli è arrivato lo sfratto esecutivo.
Nell’abitazione i carabinieri hanno trovato due pistole, ma per queste niente di irregolare dal momento che l’uomo era in possesso del regolare porto d’armi e le aveva denunciate. Una volta scesi nell’autorimessa, hanno scoperto una notevole quantità di fuochi d’artificio che non sarebbero stati conservati nella maniera migliore. Conseguente il sequestro. Altra irregolarità contestata, la detenzione di una cinquantina di grammi di droga.
Pagano è stato indagato per la sostanza stupefacente e anche per l’ipotesi di reato di fabbricazione o commercio abusivi di materiali esplodenti. Rischia una condanna, che sarà richiesta dal pubblico ministero Pesco al giudice Berletti, ma l’esperto dell’esercito ascoltato ieri ha messo in evidenza alcuni aspetti, che all’inizio non erano emersi in tutta la loro gravità. Il militare ha fatto un primo sopralluogo il 20 giugno 2014 e non poteva non accorgersi che i fuochi avevano sofferto uno shock termico notevole. C’è stato il rischio concreto che esplodessero, all’interno del loro contenitore. In quelle condizioni, impossibile portarseli via per distruggerli, facendoli brillare in un posto sicuro. Di solito in una cava, alla presenza di vigili del fuoco e ambulanza.
È tornato il 9 luglio dell’anno dopo e la situazione si era ulteriormente aggravata. Soltanto il luogo non era mai cambiato. Dopo l’inverno, la neve si era sciolta e tutto si era ridotto a una melma solo meno pericolosa. Ma soprattutto c’è il giallo di questo plico con dentro un gioco pirico, che non si sa bene che fine abbia fatto. Nel mese di maggio dovrà essere tutto più chiaro. —
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