«Per una vera ripresa dell’industria serve qualcosa di nuovo»
BELLUNO. Non è detto che le competenze di cui oggi siamo in possesso siano quelle che serviranno un domani. Le imprese cominceranno ad assumere quando ci saranno nuovamente posti di lavoro, e non con gli incentivi estemporanei dati dal Governo. E un futuro per l’industria bellunese potrà esserci solo se ci saranno anche capacità e volontà di mettere in moto qualcosa di nuovo.
A lanciare queste “provocazioni” tre rappresentanti di altrettante grandi impresi bellunesi, che ieri sera, al Centro Giovanni XXIII, si sono confrontati nel corso del dibattito organizzato dal Lions Club Belluno San Martino. Al tavolo per parlare di “Industria: quale futuro nella nostra provincia” c’erano Marco Nocivelli, titolare del gruppo Costan, Michele Aracri, managing director di De Rigo Vision, e Michele Faggioli, titolare del gruppo Sest. Con loro, moderati dal giornalista Luigi Guglielmi, Luca Barbini, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti.
Le infrastrutture. E proprio quest’ultimo, pensando ai prossimi anni, prevede che il territorio «forse non potrà ambire a essere attrattivo nei confronti di nuovi insediamenti produttivi, ma deve esserci a tutti i costi l’impegno per avere quelle infrastrutture che permettano di mantenere le imprese che ci sono allo stato attuale». Un problema annoso, quello infrastrutturale. «D’ora in avanti bisognerà puntare più sulla banda larga che non sulle autostrade», ha commentato Nocivelli, «perché costa meno, si realizza più velocemente ed è un servizio offerto sia alla popolazione che alle imprese».
Servono le tecnologie. Ma le infrastrutture non bastano. Ci vogliono anche nuove tecnologie. «Se si cerca di preservare quello che c’è, non è detto che quelli che verranno dopo abbiamo le stesse idee», ha aggiunto. «Quello della robotica, per esempio, è un settore in cui sarebbe necessario investire». Sulla stessa lunghezza d’onda anche la riflessione di Faggioli. «Il futuro è legato alle aziende che sono attive in questo momento», ha fatto presente, «ma bisogna anche pensare a qualcosa di nuovo. Lo sviluppo è programmato. E i tempi sono stretti: vediamo dunque di concentrarci su qualcosa di realizzabile e combattere battaglie che possiamo vincere». Anche perché, allo stato attuale, a “tirare” il comparto industriale sono le “solite” aziende di grosse dimensioni.
Manca l’attrattività. Che, tra l’altro, tengono “duro” in quanto legate all’export. «Tra gli imprenditori sembra esserci un cauto ottimismo», ha affermato Aracri, «ma personalmente non parlo di ripresa finché non vedo crescere i posti di lavoro. Il problema è che Belluno non è attrattiva per i giovani. Noi abbiamo tutta l’intenzione di mantenere la nostra attività in territorio provinciale: abbiamo tenuto qui i posti di lavoro nonostante ciò implicasse costi maggiori. Ma pensiamo anche che non si può coltivare solo il proprio orticello e se risolvessimo il problema della banda larga le cose potrebbero cambiare». Sul fronte delle competenze, il titolare della Costan ha portato un dato che fa riflettere: «Dal 2011 gli addetti ai servizi sono cresciuti arrivando a oltre il 50%. Dopo il 1950, è la prima volta che va a superare l’industria. Questo porta a chiedersi: vale solo l’industria o servono altri tipi di competenze?». «Quando penso alle nostre aziende mi chiedo come saranno tra una ventina d’anni», ha aggiunto Faggioli. «È evidente che chi arriverà dovrà portare avanti un modello di sviluppo diverso. Le questioni cruciali sono due: non solo mantenere le imprese sul territorio, ma anche garantire un cambio generazionale e culturale per diventare attrattivi».
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