Perarolo travolta, distrutta la centrale

Gli operai riuscirono ad uscire dal tetto solo tre giorni dopo. Danni anche a Lozzo e Pieve di Cadore

PERAROLO. Tutto il Cadore venne colpito duramente dall’alluvione. Uno dei paesi dove l’acqua mise in pericolo la sua sopravvivenza fu Perarolo.

Qui i danni furono molto gravi a causa della confluenza del Piave e del Boite, dove l’acqua di quest’ultimo torrente provocò un autentico disastro. Fondamentale la testimonianza di Giovanni Boni, sindaco di Perarolo per oltre 20 anni. «L’acqua era talmente tanta che aveva superato l’argine del torrente Boite e invaso le strade. Le case e la piazza della scuola erano tutte allagate e coperte da detriti. Ci vollero parecchi mesi di lavoro da parte del Genio Civile, che dopo aver ricostruito gli argini dalla diga di Valle fino a Macchietto, dovettero realizzare delle briglie sul Boite per rallentare la velocità dell’acqua che aveva eroso anche la zona di frana della Busa del Cristo. Una frana che da allora è sempre stata in movimento».

Il disastro di Perarolo fu aggravato dai danni collaterali causati dalle acque del torrente Valmontina che comportò anche la copertura da parte della ghiaia della centrale dell’Enel.

Il personale della centrale riuscì ad uscire dal tetto dell’edificio solo tre giorni dopo. «Le gallerie scavate quando alla direzione della Società Idroelettrica Alto Veneto, realizzatrice della centrale, c’era ancora Valentino Vascellari, erano rimaste intasate dai detriti che avevano anche ricoperto la centrale. Il lavoro di recupero, pertanto, non è stato facile. I lavori sono durati circa due anni e per portare il nuovo materiale necessario ai lavori in quota è stato necessario utilizzare anche un elicottero».

Gravi danni anche a Lozzo. Il racconto in una intervista di alcuni anni fa a Gustavo Da Prà: «Una frana sul Rio Rin, caduta dal “sassato” fece diga, provocando il danneggiamento di varie case, con l’acqua e i detriti che superarono il ponte della statale che allora correva ancora all’interno del paese. Ci vollero anni per rendere sicura la zona, realizzando i "gradoni"».Tutto il Cadore centrale rimase disastrato, e l’ Alemagna verso Cortina venne distrutta in più punti.

«Tutto il territorio di Pieve venne semidistrutto, ad iniziare da Piazzoletta», ricorda il sindaco Ciotti, «dove il tombotto del torrente Stue non riuscì a scaricare tutta l’acqua proveniente da Pozzale». (v.d.)

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