Pericolo overtourism, i sindaci bellunesi: «Ordinanze ad hoc sul modello Roccaraso»

Sindaci preoccupati e la Fondazione detta le linee guida della comunicazione. «Basta infuencer in elicottero, dobbiamo veicolare messaggi corretti»

Francesco Dal Mas
Turisti al lago di Sorapis
Turisti al lago di Sorapis

Posti di blocco e ordinanze comunali, come sta facendo Roccaraso assaltato dai turisti a seguito del messaggio di un’influencer napoletana su Tiktok.

 La Fondazione Dolomiti Unesco ha pubblicato un documento sulla “comunicazione sostenibile” in cui, a riguardo dell’overtourism, sollecita di “interagire con gli organi politico istituzionali dei territori al fine di introdurre norme, regole e disciplinari coerenti con gli obiettivi e i principi indicati, nonché introdurre forme di monitoraggio”.

Gli obiettivi e i principi sono quelli di riequilibrare gli arrivi e le presenze turistiche sulla montagna in modo da evitare lo stress di taluni siti e di abbandonarne altri nella marginalità.

Si arriverà mai a ordinanze municipali anche in provincia di Belluno? «Saranno i sindaci a valutare le situazioni, di volta in volta, insieme alle autorità competenti», afferma il presidente della Provincia, Roberto Padrin, che è anche vicepresidente della Fondazione. «Certo, le ordinanze non sono da escludere. E, d’altra parte, sono in atto anche altre misure».

Le Regole di Cortina, ad esempio, stanno blindando con protezioni in legno la strada del passo Tre Croci per evitare parcheggi selvaggi da parte di chi si arrampicherà fino al lago turchino del Sorapis.

A qualcosa di analogo sta pensando l’amministrazione comunale di Auronzo. «Le ordinanze? Sono possibili», ammette Paolo Frena, sindaco di Colle Santa Lucia, «ma l’eventuale chiusura del Passo Giau è di competenza di Veneto Strade. Si tratta di provvedimenti comunque da condividere».

Altri casi Roccaraso sulle Dolomiti? «Non ce li possiamo permettere», insiste Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco. «Proprio per questo abbiamo promosso un Tavolo sulla Comunicazione che propone precise linee guida: la prima è di valutare attentamente a chi ci si affida per comunicare e soprattutto quali sono i messaggi da lanciare. Messaggi», afferma Nemela, «che devono essere coerenti con l’integrità del bene e della qualità della sua frequentazione». Traducendo: no ai creators che si lasciano trasportare con l’elicottero su qualche cima da cui magari si lanciano con la tuta alare.

Non è finita. No al rilancio di siti già superaffollati: e non solo le Tre Cime, il Sorapis, il passo Giau.

«Sì, invece, ad una diversificazione, promuovendo località altrettanto suggestive», puntualizza Nemela, «che, grazie alla loro frequentazione, possono garantire opportunità di sviluppo a comunità diverse».

Il documento licenziato dalla “Rete della promozione del turismo sostenibile” è puntuale al riguardo: «Qualora intenda avvalersi di collaborazioni con influencer, blogger e youtuber, si favorisca una diffusione di contenuti digitali coerenti con i principi».

Umberto Martini, docente di Economia e Management all’Università degli Studi di Trento, è stato l’anima dei corsi della Fondazione. È sua convinzione che «il tentativo di controllare la comunicazione generata, soprattutto sui canali dei social media, diviene una necessità per evitare la diffusione di messaggi fuorvianti o semplicemente portatori di una visione della montagna incompatibile con la sua reale valorizzazione».

Sarà mai possibile? «Dei tentativi vanno fatti. Soprattutto», afferma Nemela, «chi ha necessità di promuovere territori e attività scelga con oculatezza metodi e contenuti della comunicazione».

E questo perché – secondo Martini - «la fragilità intrinseca dell’ambiente montano è messa sempre più a rischio non solo dall’aumento in sé dei flussi – e della conseguente necessità di servizi, strutture e infrastrutture -, ma anche dalla citata “inconsapevolezza” dei nuovi frequentatori, spesso portatori di attese di servizi, bisogni e azioni lontane dall’essere sostenibili», afferma Martini. «Per queste ragioni, appare del tutto necessario che i soggetti istituzionali che sono delegati alla gestione del territorio, ed in particolare delle zone più fragili, intervengano nel cercare di arginare i modelli di fruizione della montagna più impattanti e aggressivi».

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