Permafrost in riduzione, salgono i crolli rocciosi
belluno
I ghiacciai delle Dolomiti in 100 anni si sono ritirati del 49%. Un dato rilevato dall’indagine statistica della Regione Veneto relativamente al 2017. Che il ghiaccio si stia ritirando dalle montagne patrimonio dell’umanità purtroppo non è una novità.
«Si tratta di uno degli effetti dei recenti cambiamenti climatici», precisa il nivologo, Anselmo Cagnati che però lancia un altro allarme: «Quello che preoccupa di più è la riduzione delle aree a permafrost, riduzione che determina anche l’aumento dei dissesti geologici in provincia».
«Molti crolli di masse rocciose e fenomeni di debris flow o colate detritiche, che hanno interessato il territorio bellunese negli ultimi anni sembra abbiano avuto almeno come concausa la degradazione del permafrost», precisa Cagnati.
Il permafrost, cioè il terreno, o il detrito o le rocce che restano sotto zero per più di un anno, è presente in modo discontinuo solo in provincia di Belluno per quanto riguarda il Veneto, e si trova a quote oltre i 2.500 metri su circa 5 km quadrati, rappresentando lo 0,03% del territorio regionale. «Il crollo registrato sul monte Civetta qualche anno fa può a ragione essere imputato anche all’azione dello scioglimento del permafrost», precisa Cagnati che aggiunge: «Questo materiale ghiacciato ha degli effetti potenzialmente più gravi rispetto allo scioglimento del ghiacciaio nella nostra regione. Ghiacciai che, secondo i modelli, avrebbero dovuto già essere scomparsi, anche in Marmolada, ma che invece sono ancora presenti grazie alla presenza di materiale detritico che lo ricopre e che rallenta il suo scioglimento. Una montagna senza ghiacciaio è brutta da vedersi, sicuramente, ma i problemi che possono derivare dalla riduzione delle aree a permafrost sono di immediata evidenza. A lungo andare, se il trend di riscaldamento climatico continuerà, potremmo giungere all’impraticabilità dei sentieri. Infatti, l’instabilità del terreno dovuto a questi fenomeni, porterà a disagi anche per il turismo. Ma questo in un futuro molto futuro».
In Veneto, come si legge nel rapporto statistico, «sono 48 i ghiacciai distribuiti in 11 gruppi montuosi: Cristallo, Pale di San Martino, Marmolada, Civetta, Pelmo, Tofane, Antelao, Marmarole, Sorapiss, Cadini e Popera. Di questi il gruppo del Sorapiss è il più glacializzato con sette apparati glaciali per un totale di 0,59 km quadrati. Settori montuosi come il Pelmo, le Tofane e la Marmolada hanno un glacialismo limitato a pochi ghiacciai di ridotte dimensioni e in gran parte ricoperti da detriti. Le aree glaciali sulle Dolomiti sono pari a 3,29 km quadrati cioè poco meno dell’1% dell’intera superficie glaciale italiana».
«Il database dell’Arpav contiene informazioni relative alla superficie dei ghiacciai dolomitici dal 1888 al 2009», spiega Cagnati, rendendo così possibile avere un trend degli ultimi 100 anni. «Dal 1910 al 2009 la superficie glacializzata si è ridotta del 49%, di cui il 27% dal 1910 al 1980 e il 30% dal 1980 al 2009». —
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