Perse in un anno nel Bellunese 47 imprese: soffre il commercio
L’edilizia è il valore aggiunto nella prima metà del 2022 grazie al Superbonus.
Pozza: «A settembre faremo i conti con caro bollette, inflazione e pandemia»
BELLUNO. L’industria bellunese tiene, dopo la pandemia. Così pure, almeno fino ad oggi, l’edilizia. Qualche scricchiolio nell’artigianato. E il settore dell’ospitalità non ha ancora recuperato i livello precovid.
L’analisi è della Camera di Commercio che conta 554 imprese in più tra aprile e giugno, ma 47 in meno rispetto all’analogo periodo del 2022, e addirittura 219 sotto i numeri del secondo trimestre 2019.
Al 30 giugno 2022 le sedi d’impresa della provincia risultano in crescita rispetto al primo trimestre (+54). Il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente e con la consistenza pre-Covid (giugno 2019) ci restituisce una situazione opposta: –47 imprese rispetto a giugno 2021 e –163 unità rispetto a giugno 2019. Va subito precisato che il dato delle unità locali, cioè delle filiali d’impresa, anche con sede fuori provincia, risulta in controtendenza: +305 a Belluno. La dinamica appena descritta ricalca lo stesso andamento per le imprese artigiane che risultano costituite da 4.653 unità e crescono di +29 rispetto a giugno 2021, ma non riescono a raggiungere né lo stock di un anno fa (-51) né tantomeno quello del triennio precedente (-132).
«Nel complesso delle imprese, va precisato», puntualizza Mario Pozza, presidente Ccia, «che quasi metà del guadagno congiunturale è fornito dalla crescita delle attività legate alle costruzioni (+25, di cui +17 artigiane). È positivo anche il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente (+9), che riesce comunque a compensare la flessione».
L’edilizia, dunque, fino ad oggi rappresenta il valore aggiunto. A Belluno, pur nel contesto di un saldo negativo, il comparto, tra giugno 2022 e giugno 2021, aumenta di 28 sedi d’impresa (19 agenzie immobiliari e 9 ditte di costruzioni). E il motivo, secondo Pozza, è che abbiamo ancora l’effetto Ecobonus 110%. Ma domani? C’è da preoccuparsi.
Continua invece a soffrire il comparto del commercio: dal giugno 2019 si sono perse 14 imprese all’ingrosso, 35 esercizi di commercio al dettaglio, che salgono a 100 se si considera il triennio. Il settore della ristorazione, in flessione per le sedi d’impresa (-13 rispetto ad un anno fa e –36 rispetto a tre anni fa), risulta invece in crescita con le filiali dipendenti (rispettivamente +23 e +46). Il che significa che ci sono società e Gruppi esterni a investire in provincia.
«L’alloggio e la ristorazione», continua Pozza, «sono un comparto che esce da un periodo nerissimo a causa del Covid. Su base trimestrale, grazie alla ripartenza dei flussi turistici, ci sono segnali di vivacità della base imprenditoriale, per entrambi i settori. Su base annua, invece, tiene solo l’ospitalità, mentre la ristorazione resta in bilancio negativo».
Merita attenzione l’andamento della manifattura: si nota qualche piccolo recupero su base trimestrale – precisa il presidente – che riguarda il legno-arredo. Ma accusa una contrazione su base annua pari a 38 sedi, in buona parte dell’artigianato (-21 unità).
«Si badi», avverte Pozza, «stiamo ragionando su una parte dell’anno che ha beneficiato ancora del rimbalzo dell’economia nel corso del 2021. A settembre verranno al pettine una concatenazione di fattori legati alla guerra, al rincaro dei costi energetici, all’inflazione, agli effetti di lungo periodo di una pandemia ancora attorno a noi: fattori che, se non mitigati da opportuni provvedimenti, peseranno moltissimo nella propensione ai consumi e agli investimenti. L’andamento delle materie prime già sconta dei bruschi rallentamenti: il passaggio dalla frenata (magari utile per calmare l’inflazione) alla recessione è brevissimo. E se affrontiamo la situazione senza un Governo, saremo ancor più in balia degli eventi»
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