Piano sanitario, la Fimmg in ansia per i posti di lavoro
BELLUNO. «Dispiace che il prossimo Piano socio sanitario tagli le medicine di gruppo integrate sulla base di un mero conteggio economico, senza tenere conto anche del gradimento e dell’utilità di queste strutture territoriali e soprattutto sul fatto che hanno dato lavoro a moltissime persone. Di queste cosa ne sarà quando scadranno i contratti delle strutture già in essere? Stiamo parlando di 4 mila nuove assunzioni in tutto in Veneto tra infermieri e segretari».
Il documento che organizza la sanità veneta dal 2019 al 2023 è stata presa in esame nei giorni scorsi anche dalla Federazione dei medici di medicina generale provinciale, la Fimmg. E quello che ne è uscito non piace molto agli addetti ai lavori. «Come medicina di gruppo integrata di Cavarzano», sottolinea il fiduciario del sindacato medico, Fabio Bortot, «abbiamo avviato un’indagine conoscitiva tra i nostri pazienti per capire se piace o meno questo servizio che diamo. Per noi è importante per capire se la Regione fa bene o meno a tagliarli. Nel nostro centro lavorano 12 persone tra infermiere e segretarie. Di loro nessuno si è occupato».
Ma Bortot sottolinea anche un altro aspetto importante del Piano socio sanitario vale a dire che «non fa cenno a quali provvedimenti prendere per arginare la carenza di medici di medicina generale. Balza agli occhi che la medicina del territorio come la conosciamo oggi sarà rivoluzionata, ma non sappiamo come. Si parla, ma non l’abbiamo visto scritto, di medici di famiglia assunti direttamente dall’Usl e anche del ruolo degli infermieri che saranno sempre più presenti sul territorio per occuparsi dei malati cronici. E il nostro ruolo? Siamo perplessi e amareggiati. Non riusciamo a capire dove si andrà a parare».
Preoccupazione viene anche da Renato Bressan, segretario dello Spi Cgil. «Il testo che sto leggendo del Piano socio sanitario è modificato rispetto a quello che ci avevano presentato all’incontro vicentino, dove si parlava soltanto di cinque ospedali hub. Ora si parla di strutture di rilievo provinciale identificati come hub per le specialità assegnate in coerenza con il dm 70/2015. Ma questo significa che Belluno non entrerà in questa fattispecie, per cui chiediamo che si faccia una retromarcia e si tolga il riferimento al dm 70/2015. Inoltre siamo perplessi sul fatto che non si parla più di medicine di gruppo integrate, oltre al fatto che quanto contenuto nell’attuale Piano passa nel nuovo. Chiediamo quindi che prima si dia attuazione all’attuale piano e poi si passi al nuovo, perché si rischia di non avere nessun servizio a livello territoriale, ma solo tagli agli ospedali». Bressan si dice preoccupato dal fatto che «tutte queste modifiche dovranno avvenire in invarianza di costi. Il che significa che, visto che la richiesta di sanità aumenta, si dovranno tagliare i servizi per rimanere nei costi attuali».
Ma il segretario dello Spi insieme al segretario della Cisl, Rudy Roffaré non si sentono di buttare alle ortiche tutto il Piano, soprattutto per quanto riguarda «l’aspetto della cronicità e i percorsi vaccinali». (p.d.a.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi