Picchiato un agente in carcere: «Sequestrato da un omicida»
BELLUNO. Sequestrato e picchiato in carcere. Un agente della polizia penitenziaria di Belluno è stato vittima, ieri mattina, di un’aggressione nel reparto Articolazione sanitaria mentale della casa circondariale di Baldenich. È la sezione che ospita i detenuti semi-infermi di mente, quelli non possono essere ospitati nelle psichiatrie delle Usl, perché hanno commesso reati gravissimi. L’aggressore sarebbe un nigeriano di 23 anni, che è accusato dell’omicidio con un coltello da cucina di un 49enne di Crotone. Nell’agosto 2015, l’africano era stato arrestato in Svizzera dalla polizia del Ticino e, da allora, è passato per le carceri di Chiasso e Reggio Emilia. Sabato è arrivato a Belluno. L’aggredito è il 35enne L.P., che da sei anni fa questo mestiere ed era di servizio all’Asm. Un paio d’ore di relativa serenità, poi un frastuono dall’interno della sezione.
«Sono un po’ provato nell’animo, ma fisicamente nulla di così grave. Sono stato al pronto soccorso del San Martino e ne sono uscito con una prognosi di sette giorni per traumi a una mano, al costato e all’anca. Partiamo dal fatto che nel carcere di Belluno esiste un’ala che ha al proprio interno delle persone semi-inferme di mente, che hanno commesso dei reati molto pesanti. Quasi tutti sono accusati di omicidio. Ieri mattina sono stato trattenuto contro la mia volontà per alcuni minuti all’interno della sezione. Un sequestro di persona e non è la prima volta che succede, dopo l’episodio della fine di gennaio. La differenza è che stavolta c’è stata l’aggressione. Intorno alle 10, ero nella guardiola, quando un detenuto arrivato sabato sera da un altro istituto si è svegliato e ha ribadito la propria intolleranza nei confronti della struttura, provocando dei danni nella sala ricreativa. Sono accorso: equest’uomo mi ha aggredito, usando anche il manico di qualcosa. Ho cercato di chiamare aiuto al telefono e sono stato colpito di nuovo, stavolta alla mano. Meno male che è passato un collega per caso e sono riuscito a salvarmi».
Il detenuto è stato neutralizzato con l’arrivo di altri rinforzi: «È stato contenuto e abbiamo chiuso prima la sezione e poi la cella (il regime è aperto, dalle 8 alle 20), grazie all’intervento degli altri colleghi. Nel frattempo, aveva provocato gravi danni. Il problema è che una sezione come questa non dovrebbe esserci in una struttura come Baldenich. Noi dobbiamo occuparci della sorveglianza, poi ci vorrebbe un supporto importante da parte della struttura sanitaria. Ci confrontiamo con una specie di bomba a orologeria».
Il nigeriano è stato denunciato d’ufficio e la procura aprirà un’inchiesta. Ogni giorno cosa sopporta la penitenziaria? «Fa parte dei rischi del mestiere, dagli atteggiamenti aggressivi a quelli strafottenti. Ma ci sono detenuti e detenuti e, in questa sezione c’è bisogno di operatori specializzati, non di noi. Ci sarebbero altri ambienti del genere in regione, ma non sono aperti e in motivo ci dev’essere».
Qualcuno si aspettava un episodio così grave e aveva dato l’allarme: «Venerdì 3 c’era stato una riunione sindacale con i vertici dell’istituto. Il Sappe aveva chiesto la chiusura della sezione e, a distanza di due giorni, è successo quello che è successo. L’ho sperimentato a mie spese. Un conto sono i rischi normali e un altro quello che mi è capitato».
Tornerà ancora in quella sezione? «È già capitato con i comuni. Non esiste prevenzione, purtroppo. Noi cerchiamo di stabilire un tipo di rapporto basato sul rispetto e sulla fiducia, senza cadere nella confidenza. I detenuti sono come figli: se sei troppo di manica larga, prendono il sopravvento e alcuni non hanno nulla da perdere. Noi siamo i torturati».
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