Piccoli Comuni contro i parlamentari «Zitti e ascoltate»

All’incontro di Chies vivace requisitoria della presidente dell’Anpci contro chi propone le fusioni tra enti locali
Di Francesco Dal Mas

CHIES D'ALPAGO. «Adesso basta parlare. State zitti, ascoltate e imparate, se ne siete capaci». Vivacissima requisitoria dei Piccoli Comuni dell'Anpci, attraverso la vulcanica presidente Franca Briglio, contro i parlamentari bellunesi Roger De Menech (Pd) Federico D'Incà (M5S) e Giovanni Piccoli (Fi), intervenuti all'assemblea nazionale, con il consigliere regionale Franco Gidoni (Ln) e numerosi sindaci. Una requisitoria durissima contro chi non capirebbe il disagio degli enti locali e vorrebbe la fusione forzosa dei Comuni. Finora nessuno aveva azzardato tanto.

Il fatto è che il raduno dei Piccoli Comuni in Alpago, che si conclude oggi dopo 3 giorni intensi di incontri e visite, ha respinto ogni ipotesi di mediazione, come avevano tentato di suggerire onorevoli e senatori. No, dunque, alla fusione, specie se forzosa. Immaginarsi, dunque, la reazione a D'Incà quando ha osato riproporre la sua ipotesi di dimezzare i 64 enti locali bellunesi, ancorchè 'costruendo dal basso' le possibili fusioni. Una di queste, ha suggerito, potrebbe essere quella della conca agordina, oggi con 16 Comuni. No e ancora no, ha reagito il sindaco Silvia Tormen che, dopo 3 ore di assise se l'è presa anche con gli organizzatori, perché la parola ai sindaci è stata data per ultimi.

Da ex sindaco di Ponte, De Menech si è ben guardato di farsi passare per centralista, pur essendo in rappresentanza del Governo, ma non c'è stato nulla da fare. Franca Briglio, la presidente pasionaria dell'Anpci, ha accusato i parlamentari di essere ciechi e sordi rispetto alla realtà dei piccoli comuni. «Abbiate l'umiltà di ascoltare e di imparare» ha cominciato a provocarli. «Dite che avete delle responsabilità, ma quali? Siamo noi sindaci ad averle, basta sbagliare una delibera...» e via accusando. In verità i parlamentari bellunesi si erano comportati quasi da agnellini dell'Alpago, assicurando di comprendere il disagio dei sindaci. Ma tant'è. La presidente Briglio è arrivata a proporre all'Anpci anche una singolare condizione di eleggibilità del futuri parlamentare: potranno candidarsi soltanto coloro che abbiano maturato 5 anni di amministrazione comunale. Molto lungo il documento conclusivo del raduno, dalle cui righe si evince anche un no netto alla riforma Renzi della Costituzione, perché imbriglia la democrazia e la partecipazione.

«Noi amministratori dei piccoli Comuni chiediamo che Governo e Parlamento intervengano per adottare i parametri dell'estensione territoriale, del merito e del disagio e non la sola dimensione demografica come discriminante nelle politiche di contenimento della spesa, affinchè la virtuosità - si spiega - venga premiata, nonché una fiscalità di vantaggio per gli abitanti, in attività economiche, commerciali e produttive, dei piccoli Comuni». Altro passaggio fondamentale del documento conclusivo: «Lasciare libera autonomia di scelta nella gestione dei servizi e delle funzioni nel rispetto dei fabbisogni e dei costi standard»; «stabilire in modo certo e stabile le risorse che ci spettano per la compartecipazione alle tasse versate dai nostri cittadini"; «lasciare ai nostri Comuni le risorse proprie, quali l'Imu». Infine, consentire la possibilità di decidere sulle assunzioni del personale ed eliminare gli eccessivi vincoli di bilancio e le incombenze burocratiche. Il documento è stato affidato a De Menech, D'Incà e Piccoli per essere recapitato a Roma, ma dopo la doccia gelata è difficile che trovino il calore necessario per sponsorizzare chi li ha messi alla sbarra.

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